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I nostri scheletri nell'armadio

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Senboo;
view post Posted on 18/6/2009, 21:25




Immagino che un po' tutti, magari all'inizio della nostra "carriera" da scrittori amatoriali avremo scritto boiate colossali piene di Mary Sue e trame bucherellate. Chi è tanto coraggioso da mostrare ciò che magari nasconde da tempo in una remota cartella del computer? Io sto cercando la mia prima fan fiction, appena la trovo la posto ma non voglio sentirmi sola soletta, siate solidali: sputtanatevi anche voi! XD
 
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view post Posted on 18/6/2009, 22:19
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If that’s the best that I could be? Than I’d be another memory.

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Io ci sono di sicuro! domani posto quella cosa che ho scritto *Me ha ancora i brividi* XD
 
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Senboo;
view post Posted on 21/6/2009, 10:32




Ok, visto che nessuno vuole rompere il ghiaccio inizio io. Questa fu la prima fan fiction che scrissi. Prima non mi ero mai cimentata in questo genere di cose ma, spinta dalla passione per FullMetal Alchemist, avevo deciso di scrivere una storia, ovviamente pullulante di Mary Sue, in cui stravolgevo al trama inserendo due nuovi personaggi, Dixie (che ero io) e Serey (la mia migliore amica), ecc. Mi rendo conto che la cosa potrebbe traumatizzarvi alquanto. La posto sotto spoiler, ecco.

SPOILER (click to view)
Nella stanza c’era un gran silenzio. Intorno al tavolino in legno azzurro erano seduti Roy, Ed e Serey mentre Al, appoggiato al muro osservava come ipnotizzato i movimenti di Dixie che mescolava la cioccolata sul fuoco. Tutti erano come assorti nei propri pensieri e cercavano di evitare ad ogni costo lo sguardo altrui. Il silenzio era rotto solo ogni tanto dal colpo di tosse di qualcuno.
- Mi sembrava che la cioccolata ci mettesse meno a sciogliersi - disse Dixie cercando di rompere l’opprimente silenzio. Tutti si girarono a guardarla senza dire niente, nessuno se ne intendeva di cucina. Il silenzio tornò a regnare. Dixie si mordicchiò il labbro “non potevo dire qualcosa di più cretino?”.
- Ok basta. Mi sembra di essere a una runione del club degli scontrosi… vi prego dite qualcosa… anche di stupido. Di solito ci viene così bene dire cavolate! - sbottò improvvisamente la cuoca improvvisata.
- Scusa Dixie hai ragione… ma sai… è strano non avere problemi da risolvere o terroristi da fermare… è strano tornare alla vita normale - rispose Serey sorridendo.
- Infatti eravamo qui per festeggiare la fine di questo casino - disse Roy senza togliere lo sguardo dalla finestra.
- Wow che festa attenzione a non divertirci troppo potrebbe farci male - disse sarcasticamente Dixie poi spense il fornello e incominciò a versare la cioccolata in cinque tazzone.
- Non te la prendere Dixie ma siamo tutti un po’ frastornati… sono successe tante cose in questi ultimi tempi… e ora che è tutto finito dobbiamo riorganizzare le idee -
- Al ha ragione… dobbiamo ancora sistemare alcune faccende e cercare di capirne altre - continuò Ed.
- Non c’è modo migliore per riorganizzare le idee che farlo davanti a una bella tazzona di cioccolata alla cannella preparata da moi! - disse Dixie porgendo ad ognuno una tazza. Si sedette sul ripiano da cucina e incominciò a far dondolare le gambe come una bambina, soffiando nella tazza per raffreddare la cioccolata.
- Facciamo così ognuno incominci a raccontare dal suo punto di vista… forse riusciremo a capire qualcosa in tutto ciò che ci è successo… alcuni di noi sanno cose che gli altri ignorano - disse Serey agguantando la sua tazza.
- Perfetto incomincia tu - dissero all’unisono tutti.
- Ok… bene - rispose lei appogginado la tazza - allora tutto incomincia un anno fa… -
- Aspetta aspetta! - la interruppe Dixie - parti dall’inizio… ci sono alcune cose che noi non sappiamo giusto? -
- Bene allora dall’inizio… poi se vi annoiate prendetevela con lei. Per cominciare vi devo ricordare che fino a 25 anni fa esistevano gli alchimisti di Psiche. Una specie di setta creata da due famiglie di potenti alchimisti che nei secoli si erano incrociate per rendere il potere… più “puro” e potente. Esistevano 5 famiglie la famiglia più potente era la mia composta da mia madre, la “sovrana” degli alchimisti di Psiche, per le sue grandi doti e per la forza, poi c’era mio padre, mia nonna e due zii. Gli alchimisti di Psiche possono rimanere incinta una volta sola a causa di una “malattia” tasmessa di generazione in generazione. Se il bimbo è femmina la famiglia festeggia molto più che se è maschio: le femmine detengono il potere e lo trasmettono alla prole mentre i maschi lo trasmettono molto più debolmente. Mia madre rimase incinta anche se era in età piuttosto avanzata. Il bambino era una femmina. La nostra famiglia festeggiò un sacco l’evento, ma quando la piccola nacque successe una tragedia: la piccola morì poco dopo il parto per un infezione letale, mia madre disperata aveva perso l’unico erede per la sua famiglia, così cominciò una durissima lotta fra le 5 famiglie, combatterono tutti tranne mia madre che passò i due giorni dopo la morte della piccola a guardarla, poi un colpo di genio…”
Serey si ferma per sorseggiare la cioccolata e guarda prima Ed e poi Roy. Al chiede:
- E poi? -
Serey lo guarda e sospirando fa:
- Un attimo che ci arrivo! Mia madre decise di usare l’unica pietra filosofale che avevamo (la tramandavamo da secoli) per trasmutarsi nel corpo della piccola… però si sbagliò e riportò indietro l’anima della bambina e si trasferì dentro il corpicino anche lei, ma l’anima originaria dalla piccola ebbe il sopravvento e l’anima della madre venne quasi scacciata, ma una parte rimase e così diventai un mezzo homunculus, capace di procreare ma invecchio molto lentamente. Lo so… è difficile da capire… e io sono una frana a spiegare ste cose. La piccola, io insomma, si doveva chiamare Seref’Eye come la madre, ma quando seppe tutta la verità da sua nonna, unica sopravissuta alla battaglia per il potere, decise di cambiare nome, diventando Serey, anche se il suo vero nome è sempre Seref’Eye. Noi alchimisti di Psiche non dobbiamo fare nessun apprendistato per diventare alchimisti di stato perchè ci tramandiamo l’orologio, quindi Ed è veramente il più giovane alchimista per essere arrivato fino a quel punto da solo -.
- Umpf… facile per voi… - commentò Dixie.
- Sei invidiosa solo perchè tu non hai mai avuto il coraggio di tentare… - rispose Serey stanca di essere interrotta.
- Non è questo il motivo… - rispose tra i denti Dixie ma Serey la ignorò e continuò con il racconto.
- A 5 anni dall’annientamento della nostra famiglia mia nonna che mi aveva sempre accudito morì, la mia istruzione fu affidata all’esercito che mi dava vitto e alloggio è la possibilità di andare quando mi pareva alla biblioteca. I libri non erano abbastanza quindi usai un piccola parte dell’eredità di mia madre per comprarmi valanghe di libri alchemici. Ma qualche anno fa scoppiò la guerra di Ishbar. Come tutti sapete solo 3 anni dopo, così mi pare, hanno chiamato tutti gli alchimisti quindi anche me così andai. Mi dissero che con il mio potere potevo essere di grande aiuto. Grazie al mio potere da homunculus posso prendere un decimo del potere di un alchimista o di un altro homunculus e usarlo, anche se poco ma nonostante questo non riuscivo ad essere d’aiuto. I miei scudi mentali non proteggono completamente dalle armi da fuoco così, facendomi sfruttare il potere di un altro alchimsita… mi diedero l’ordine… pena la morte se non lo facevo… mi dissero che dovevo entrare nella mente di due bambini e fargli uccidere i capi della ribellione per poter agevolare la loro sconfitta… contro il mio volere lo feci… -
Serey si interruppe, dagli occhi prima appena appannati incominciavano a scendere copiose le lacrime.
- Vedevo dagli occhi di quei bambini… il sangue… quando tirai fuori la pistola vidi lo sguardo disperato del padre… anche lui tirò fuori la pistola e la puntò contro il bambino davanti alla madre che singhiozzava e chiamavo suo figlio per farlo tornare in se… poi il colpo… avevo premuto io il grilletto… il padre si accasciava a terra con un colpo allo stomaco… non lo avrei mai fatto se non avessi avuto la minaccia di essere uccisa… non sono un homunculus lo sapete bene, possono uccidermi, non lo avrei mai fatto. Con l’altro bambino successe ancora peggio… il padre sparò prima che io avessi il tempo di ordinare al bimbo di farlo… ho sentito il dolore che squassava il piccolo corpo, ho sentito la vita che se ne andava e il grido del padre e della madre, prima di abbandonare il corpo ho detto - Mi dispiace non è colpa del bambino ma mia Seref’Eye - e poi me ne andai. Non ho mai avuto il coraggio di andare a vedere i sopravissuti di Ishbar… forse dovrei un giorno e chiedergli di uccidermi… -
Il silenzio era totale.
- E poi cosa facesti? - chiese Ed con voce bassa. Serey tentò di asciugarsi con la manica della divisa il viso bagnandosi ancora di più. Roy le porse un fazzoletto.
- Sono tornata a Central City e ho studiato l’alchimia fino a quando vi ho visto quella volta da Marcoh, da lì in poi ho capito che non avrei mai trovato la soluzione al mio problema se non vi avessi seguito e aiutato -
Dixie incominciò a tossire.
- Ah… la cioccolata… - Riuscì a fermarsi solo dopo alcuni minuti.
- Scusate non volevo rovinare il momento così toccante ma mi è andata la cioccolata di traverso… - cercò di spiegare imbarazzata…


Questo era il primo capitolo (che non ha nemmeno riletto per la vergogna, quindi se ci sono errori... rimangono) ma in realtà ce ne erano altri due. Che però non ho ancora trovato.

 
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view post Posted on 21/6/2009, 14:23
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XD... alla fine non è nemeno a certi livelli che raggiungono i BM... Uff, volevo postare anche io, ma non trovo più quelle schifezze -__-
 
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~ Uchiha_girl ~
view post Posted on 21/6/2009, 14:27




Oh, tutte le mie fanfic precedenti a Marzo sono andate perdute dopo la scomparsa prematura della mia USB, enso di avere ancora qualche cosina su EFP però dovrei cercare .______.

CITAZIONE
k kaptl intrsssnnt! pst prst gl altri, t am d bn, baybay!

XDXD
Bah, ho leggiucchiato l'inizio però non sono dell'umore per leggere in maniera significativa, quindi... a più tardi èOé.
XDXD
 
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Senboo;
view post Posted on 21/6/2009, 14:29




m am d bn? m alr 6 ank t fykyx cm m! t lovvx! tnx x il kmmnt!

(Cerca! è.é)
 
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~Ivy~
view post Posted on 21/6/2009, 17:52




CITAZIONE
k kaptl intrsssnnt! pst prst gl altri, t am d bn, baybay!

CITAZIONE
m am d bn? m alr 6 ank t fykyx cm m! t lovvx! tnx x il kmmnt!

Mi fate paura. °-°
Io dovrei avere qualcosina, ma fanno paura, ma proprio tanta. °-°
 
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oKelio
view post Posted on 22/6/2009, 20:22




Io ho u.u ed è meglio se non vediate perchè potreste subire shock permanenti O_O xD
 
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Senboo;
view post Posted on 22/6/2009, 20:25




Vi ordino di postare... o chiamerò Chuck Norris! Non potete lasciarmi sola dopo che ho postato un capitolo della mia fyccy vergognosa!
 
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view post Posted on 22/6/2009, 21:47
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Va bene anche una Bimbominkiata assurda scritta per scherzo (e spudoratamente esagerata) XD? (E' l'unica che trovo)
 
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Kimberly Anne
view post Posted on 23/6/2009, 10:03




*coff*
La mia prima FF, su Card Captor Sakura. Non so che cosa avevo iniziato a fumare, a quei tempi >__>"
...pietà, avevo 12 anni u.u"
SPOILER (click to view)
CAPITOLO 1

Drin…Drin…
Questo era il suono del telefono in casa Shaoran. Il maggiordomo andò a rispondere.
⎯Pronto? Oh, signorino Li, che piacere sentirla… Certo, gliela passo subito⎯ Il maggiordomo attraversò varie stanze e corridoi dell’immensa casa prima di arrivare alla stanza che cercava. Bussò alla porta.
⎯Signora Ielang, c’è suo figlio al telefono⎯ disse.
⎯Certo, arrivo subito, Uei
Una signora dai lunghi capelli neri e il volto autoritario uscì dalla stanza dopo aver girato due volte la chiave nella toppa. Cosa alquanto insolita, notò Uei, la signora in genere lasciava la porta aperta…
La donna prese in mano il telefono.⎯Pronto?⎯ proferì seriamente, mentre Uei si allontanava per tornare a sbrigare le faccende di casa. ⎯Ciao, Li. Cos’è successo? Ti sento sollevato, ma anche preoccupato
⎯Mai quanto te, mamma⎯ rispose Li sorridendo fra sé. Era davvero preoccupato, nonostante il pericolo appena scampato lo avesse sollevato. Sua madre aveva sempre avuto un sesto senso nel capire l’umore del figlio (probabilmente dovuto al fatto che aveva dei forti poteri magici).
⎯Non preoccuparti, è solo stanchezza… Tu, piuttosto, come stai?
⎯Non c’è male… Beh, poteva esserci, a dir la verità, ma per fortuna non è successo nulla… o almeno, non mi sono fatto particolarmente male…⎯ Li stava facendo di tutto per prendere la madre per il verso giusto, ma non sapeva proprio come fare, e stava finendo per dire frasi sconnesse e senza senso.
⎯Su, Li, sputa il rospo e dimmi che cosa è successo⎯ la fece corta Ielang.
⎯Va bene…⎯ Li sospirò. Era difficile dire alla madre tutto ciò che era successo. ⎯Senti, mamma, non voglio…
⎯…tornare ad Hong-Kong, scommetto⎯ lo interruppe la madre.
⎯Come fai a saperlo?
⎯Le mamme sanno tutto⎯ scherzò lei.
⎯Seriamente, mamma
⎯La tua voce tradisce ogni sentimento, figlio mio.
⎯Beh, cosa dici?
⎯Perché non vuoi tornare? Centra per caso…?
⎯Sakura⎯ concluse Li.
⎯Ne ero certa. Quella è l’unica ragazza che ha fatto breccia nel tuo cuore.
⎯Sai, mamma, inizio a credere che tu sappia davvero tutto⎯
⎯Io non so tutto. Io interpreto i fatti, perché ti conosco. Quando l’estate scorsa è venuta da noi in Cina, ho notato come la guardavi. E lo facevi in un modo in cui non hai mai guardato nessun altra.
⎯Non ti sfugge proprio nulla… dire che non se n’era accorta neppure lei.
⎯Tornando a noi, perché sei mesi fa non hai opposto alcuna resistenza, mentre ora vieni a chiedermi di rimanere?⎯ Ielang pensava di sapere già la risposta, ma voleva comunque sentirla dal figlio.
⎯Lei…io…ehm…⎯la voce dall’altra parte dell’apparecchio pareva piuttosto imbarazzata, e infatti Li solo a parlarne era diventato rosso come un pomodoro maturo. Ma dopo trenta secondi buoni di farfugliamenti vari, si fece coraggio e disse: ⎯Ci siamo innamorati. Cioè, anche lei prova lo stesso per me, e io non voglio andarmene a migliaia di chilometri di distanza, non potrei sopportarlo⎯ prese un respiro e continuò: ⎯ieri sera, allo spettacolo… beh, è apparsa una nuova Carta di Clow, rimasta nascosta per anni, che ha scatenato il caos facendo sparire mezza città, abitanti compresi, e l’abbiamo combattuta insieme. Però Eriol ci aveva informati da un paio di giorni che Sakura avrebbe dovuto rinunciare al suo ricordo più prezioso, che a quanto pare sarei io. E’ stato quando la carta le ha concesso, per la sua generosità, di tenersi il ricordo, che si è dichiarata. Capisci, mamma? Non voglio andarmene lontano dalla persona che amo di più al mondo
⎯D’accordo⎯ disse la madre.
⎯Mamma, devi capire che… cos’hai detto?⎯ Li era a dir poco sconcertato.
⎯Va bene. Puoi rimanere in Giappone. Aspettavo solo che me lo chiedessi
⎯Tutto qui? Cioè, non hai fatto una piega, non un segno di disapprovazione…
⎯E per cosa, per classificarmi prima nella scala “Madri più odiate del mondo”? No, ti manderò Uei e tornerete a stabilirvi nella vecchia casa. E ora torna dalla tua Sakura, vai…⎯ e riattaccò ⎯Ne avrà bisogno, figlio mio…⎯ sussurrò tra sé, e tornò a chiudersi in camera a doppia mandata, dopo aver ordinato a Uei di tornare in Giappone per accudire il pargolo.
A casa Daidouji, da dove Li aveva telefonato, l’attività era in fermento. Anche se Li era bello tranquillo in salotto a conversare con la madre, al piano di sopra era tutta un’altra storia. Sakura era così felice che fermarla sembrava impossibile, tanto che aveva usato la carta del fiore per ricoprire di bellissimi e delicati fiori rosa la stanza di Tomoyo, mentre quest’ultima la riprendeva gioiosa.
⎯So che non dovrei fare queste cose tanto per divertirmi⎯ disse Sakura ⎯ma sono così felice che potrei scoppiare!!
⎯Lo credo bene!⎯ commentò Tomoyo, da dietro la telecamera.
⎯Dai, Tomoyo, metti giù quella telecamera, una volta tanto, e vieni a divertirti!⎯ disse Sakura, tirando l’amica verso di se.
⎯Aspetta un secondo⎯ ribattè la ragazza. Appoggiò la telecamera su una mensola e la posizionò in modo che riprendesse a grandi linee tutta la stanza. ⎯Arrivo!⎯ Sakura prese per mano l’amica e le due iniziarono a saltare sul letto, felici come non mai.
⎯Ah, guarda questa⎯ disse Sakura, prendendo lo scettro ed una carta, schiarendosi la voce ⎯Carta magica, sprigiona i tuoi poteri e aiutami a combattere i nemici della libertà. Oltre il tempo, oltre l’oscurità! Vai, carta delle bolle!
Una pioggia di bolle colorate dalla luce uscì dallo scettro, dando un’atmosfera ancor più serena alla stanza.
Dopo pochi secondi entrò Li, sorridente dopo essersi ripreso ed aver realizzato che poteva rimanere con la sua Sakura. ⎯Ma cosa…?⎯ esclamò, vedendo il caos misto alla gioia che regnavano nella stanza ⎯Guarda cosa mi andate a combinare se vi lascio sole un minuto! ⎯. Lo sguardo era falsamente severo, e sul volto gli si allargava un sorriso.
⎯Li!⎯ praticamente urlò Sakura, saltandogli con le braccia al collo ⎯Iniziavo a pensare che saresti rimasto di sotto tutta la sera, sai?⎯
⎯Beh, se esulti così solo a vedermi sarà meglio che rimandi la notizia a tra qualche settimana, altrimenti saresti capace di iniziare a volare per la stanza dalla gioia, sai?⎯
⎯Quale notizia?⎯ chiese interessata la ragazza.
⎯Te l’ho detto, se ti dico ora cos’è fai un salto fino al soffitto!
⎯Ti preeeeego!⎯ Intanto che i due bisticciavano, Tomoyo aveva già ripreso la telecamera e li filmava divertita.
⎯Allora, me lo dici si o no?
⎯E va bene: mia madre ha detto che posso rimanere in Giappone.
⎯Che?⎯ il volto di Sakura s’illuminò ancor di più di quanto non lo fosse già ⎯Evviva!⎯ ed iniziò un sorta di balletto gioioso per la stanza di Tomoyo, sotto gli occhi divertiti di quest’ultima e di Li, finchè non scivolò e cadde in una risata generale.
⎯Ti sei fatta male, Sakura?⎯ chiese Li, avvicinandosi ed aiutandola a rialzarsi.
⎯No, niente, i fiori hanno attutito la caduta…⎯ sorrise lei. ⎯Sono troppo felice, credimi⎯
⎯Lo vedo…⎯ rispose lui ⎯…ma non ti sembra di esagerare un po’? Kerochan non aveva detto che non potevi usare le carte senza motivo?
⎯Ma il motivo c’è⎯ si giustificò la ragazza ⎯devono festeggiare con me! E poi la carta dello specchio ha detto che potevo chiamare le carte ogni volta che volevo
⎯ Bene… Ma, a proposito, dov’è finito Kerochan?
⎯Prova ad indovinare…⎯ disse Tomoyo, ridendo sotto i baffi
⎯Vediamo… scommetto che è in cucina, vero?
⎯Ma dai! Come hai fatto ad indovinare?⎯ disse Sakura. Poi si ricompose, per quanto possibile, e chiese ⎯Allora resti davvero?⎯
⎯Certo! Ti ho mai mentito da quando ci conosciamo?
⎯No, ma volevo essere certa di non essermelo sognato
⎯Se è per questo, dovrai ripetermi mille volte che abbiamo combattuto quella stupida carta e sei davvero innamorata di me, prima che io lo accetti…⎯ le sussurrò Li, abbracciandola.
Sakura arrossì, provocando la risatina di Tomoyo, che li guardava cogli occhi scintillanti di felicità da dietro l’obbiettivo ⎯A proposito di Kerochan, devo andare a controllare che non mi svuoti totalmente la dispensa, se no che si mangia stasera? Torno tra cinque minuti⎯ ed uscì, ma non prima di aver sistemato la videocamera in posizione strategica.
Per qualche minuto i due ragazzi, rimasti soli, rimasero in silenzio. Poi Sakura disse: ⎯Sai, ieri sera… io per un momento ho pensato che fossi scomparso⎯ si sedette sul letto di Tomoyo. ⎯Ho pensato che mi avessi abbandonato per sempre
⎯Anch’io l’ho pensato⎯ disse Li ⎯ero terrorizzato. Penso che non avrei mai retto una seconda dichiarazione…⎯ scherzò.
⎯Per favore, non scherzarci su⎯ ribattè Sakura ⎯temevo di averti perduto… Non sapevo accettarlo… penso sia stato questo a darmi la forza di catturare la carta. Non mi sarei mai arresa al fatto che mi avresti lasciata⎯ gli occhi della ragazza si inumidirono.
Li si sedette accanto alla ragazza e le prese le mani ⎯Non devi piangere. Quel che è passato è passato, ed è andato tutto bene⎯ la guardò intensamente negli occhi, che Sakura si asciugò subito.
⎯Hai ragione⎯ rispose lei. ⎯Sai, Li⎯ disse poi ⎯sei sempre stato l’unico in grado di farmi smettere di piangere⎯ gli sorrise, e i loro volti si avvicinarono.
⎯DOVE AVETE NASCOSTO I DOLCI????
Sakura e Li sobbalzarono, vedendo un irritatissimo Kerochan entrare di volata nella stanza.
⎯Ma di che dolci stai parlando, Kerochan?
⎯I dolci che Tomoyo ha detto che avrei trovato qui!
⎯Scusate⎯ disse Tomoyo, entrando ⎯ma ho dovuto dire una piccola bugia per farlo uscire dalla cucina…
⎯COOOOOOOSA???⎯ urlò Kerochan ⎯Non ci sono veramente dei dolci?⎯ era sgomento
⎯Dai, Kerochan, tra poco sarà pronta la cena… Vedrai, ho ordinato alla cuoca di preparare le sue migliori portate!
⎯Davvero? Oh, Tomoyo sei un angelo! Come farei senza di te?
⎯Ma se fino a cinque minuti fa eri giù ad ingozzarti…⎯ borbottò tra sé Li, imbronciato.
Un campanello si sentì suonare dal piano di sotto. ⎯E’ pronta la cena⎯ disse Tomoyo ⎯scendiamo?
⎯Certamente!⎯ esclamò Sakura ⎯Andiamo, Li! La cucina della cuoca di Tomoyo è una delle più buone della città!
Li si alzò e prese per mano la ragazza ⎯Si, scendiamo⎯ sorrise.
La cena durò almeno un paio d’ore, e le portate erano squisite come promesso. Tutti chiaccheravano del più e del meno, cercando di scordare i fatti misteriosi del giorno prima. Tomoyo sedeva a capotavola, alla sua destra c’erano Li e Sakura, e alla sua sinistra Kerochan, che come al solito mangiava per tre.
⎯Il solito mangione⎯ disse Li, una volta finito. ⎯Non sai contenerti… o meglio: il tuo stomaco può contenere di tutto!
⎯Come osi, cinesino? Vuoi combattere?⎯ esclamò Kerochan, alzandosi in volo fino a davanti al naso del ragazzo.
⎯Kerochan!⎯ esclamarono Tomoyo e Sakura.
⎯Uffa… perché devo essere sempre sgridato io? E’ lui che ha iniziato…
⎯Ma tu te la prendi sempre troppo⎯ disse Sakura, prendendolo per la collottola.
⎯Va bene, va bene… starò buono… uffa però!⎯ borbottò lui.
Una volta ristabilita la calma e finita la cena, Sakura disse: ⎯Sei stata molto gentile ad invitarci a casa tua, Tomoyo
⎯Non c’è di che, Sakura. Era da tempo che volevo farlo. Peccato solo che Meiling sia dovuta partire così presto… Mi sarebbe piaciuto avere qui anche lei. Beh, sarà per la prossima volta⎯ rispose Tomoyo ⎯Piuttosto, dove pensi di passare la notte, Li? Ormai sei a casa mia da cinque giorni, ma da casa di Sakura saresti più vicino sia all’aeroporto che alla tua vecchia casa.
⎯Ah, beh, io non ci avevo ancora pensato, a dire la verità…⎯ disse lui. Invece ci aveva pensato eccome, ma non sapeva proprio cosa dire.
⎯Che ne dici di dormire da me? Abbiamo la stanza degli ospiti apposta⎯ propose Sakura.
⎯Beh, se non disturbo…⎯ disse Li, diventando paonazzo.
⎯Figurati! Fortuna che papà e Toy sono partiti per un convegno questo fine settimana, altrimenti mio fratello non lo avrebbe permesso⎯
⎯Penso che non mi avrebbe nemmeno fatto mettere piede in casa…⎯ confermò Li.
⎯Credo che non avrebbe sopportato nemmeno di averti a un isolato di distanza!⎯ esclamò Sakura, e tutti e quattro presero a ridere.
⎯Allora è meglio che andiate, si sta facendo tardi⎯ disse Tomoyo dieci minuti dopo.
⎯D’accordo⎯ dissero Li e Sakura, alzandosi in piedi e dirigendosi all’ingresso.
⎯Ciao, ragazzi! Ci vediamo domani⎯ li salutò lei dalla porta, quando furono usciti
⎯Ciao, Tomoyo!
I due percorsero la strada in silenzio, mano nella mano, Kerochan già addormentato nella borsa di Sakura, il silenzio che li avvolgeva e la luna che splendeva alta nel cielo. Si guardavano, ogni tanto, e quando i loro sguardi s’incrociavano i loro volti subito avvampavano. Una volta arrivati a casa di Sakura, quest’ultima gli mostrò la stanza dove avrebbe passato la notte ⎯E’ da molto tempo che non viene utilizzata⎯ spiegò ⎯ma tuttavia è in buone condizioni.
⎯Lo vedo⎯ rispose Li ⎯è molto ben tenuta⎯ ed appoggiò la valigia accanto al letto ⎯credo che mi ci troverò bene.
⎯Ottimo⎯ disse Sakura ⎯Ah, guarda, ti faccio vedere il resto della casa
Gli mostrò bagno, cucina, soggiorno… tralasciò solo camera sua, che non era esattamente in condizione di essere vista da un ragazzo.
⎯Ehm… allora… buonanotte⎯ disse, finito il giro. Fece per entrare in camera, quando ci ripensò ⎯Ah, e se hai bisogno di qualunque cosa, chiamami⎯ ancora una volta aprì la porta, ma la richiuse quasi subito ⎯E se senti dei rumori o delle voci, è Kerochan, parla nel sonno⎯ stava per riaprire la porta, quando ancora una volta si voltò verso Li, che in cuor suo pensava di non averla mai vista così tesa ⎯Non aver paura di svegliarmi, ma è meglio che non entri in camera mia⎯ questa volta entrò in camera, ma stava per richiudersi dietro la porta quando Li le disse: ⎯Ehi⎯ Sakura riaprì la porta ⎯Non ti preoccupare per me, ok? Dopotutto sono scampato a cose ben peggiori.
⎯Oh, va bene… scusami…⎯ Sakura arrossì improvvisamente.
⎯Non scusarti… Solo che sei un po’ strana, tutto qui.
⎯Va bene… ‘notte, allora⎯ rispose Sakura, e gli diede un bacio sulla guancia, rifiondandosi nella sua stanza.
Li ci mise un secondo a capire cos’era successo, un altro per arrossire e un altro ancora per dire: ⎯Ehm… Buo-buonanotte…⎯.
Tornò in camera e si buttò sul letto, sfinito. Che giornata! Più e più volte si era dovuto ripetere che non se l’era sognata, l’avventura con la carta della Speranza la sera prima, con tanto della dichiarazione di Sakura… Sospirò, era esausto, ma non aveva sonno.
Dopo un po’ di tempo, passato perlopiù disteso sul letto a pensare, sentì dei rumori provenire dal corridoio, così decise di andare a vedere.
Percorse il corridoio fino al salotto, dove trovò Sakura, china su di un armadietto contenente DVD.
⎯Eccolo!⎯ esclamò sottovoce la ragazza, che dava le spalle a Li. Appena si girò, le prese un colpo ⎯Li! Cosa ci fai qui? Pensavo dormissi già da un pezzo…
⎯Tu invece a quanto pare non ci hai nemmeno provato, a dormire, vero?⎯ disse il ragazzo, sorridendo, vedendo che la ragazza era ancora vestita.
⎯Non avevo sonno…⎯ si giustificò lei. Poi, cambiò discorso ⎯Ti va di vedere uno dei filmini di Tomoyo?⎯ chiese, sventolandogli davanti il DVD che aveva appena tirato fuori.
⎯Eh? Va bene… di quale carta è?
⎯Il fulmine
⎯Ah…⎯ il ragazzo arrossì. “La prima volta che abbiamo combattuto insieme…” pensò.
Sakura mise il video nel lettore e accese la TV, silenziosa. Rimasero qualche minuto senza parlare, le immagini che scorrevano davanti ai loro occhi ancora nitide anche nella memoria.
⎯E’ incredibile quanto sei cambiato da allora…⎯ sussurrò Sakura all’improvviso.
⎯Cosa?
⎯Quando ci siamo conosciuti eri… eri diverso da come sei ora. Mi facevi quasi paura
Li sorrise ⎯Anche tu sei cambiata. Beh, forse però solo in esperienza, perché sei sempre la stessa di quando ti ho vista la prima volta
⎯In effetti è vero…
⎯Se fossi cambiata, mi sarebbe dispiaciuto, però…
⎯Come? Figurati… sono un disastro: non faccio che arrivare in ritardo, fare pasticci e… beh, la mia unica qualità è che so scusarmi bene
⎯Non dire stupidaggini! ⎯ la ammonì Li ⎯tu hai un sacco di qualità: sei generosa, pensi sempre al tuo prossimo prima ancora che a te stessa, e anche se hai catturato tutte le carte di Clow da sola non te ne sei mai vantata nemmeno una volta… sei fantastica… non vorrei mai che cambiassi… è per questo che mi sono innamorato di te⎯ il ragazzo le sorrise, mentre lei diventava rapidamente sempre più rossa. IL filmato era finito, e lì attorno regnava il silenzio.
⎯Tu sei tutto matto⎯ gli disse, sorridendo anche lei, guardandolo negli occhi. ⎯Ma anch’io non vorrei mai che cambiassi da come sei ora⎯. Ancora una volta, quel giorno, i volti dei due si avvicinarono. Il cuore di Sakura batteva così forte che la ragazza aveva paura che Li lo sentisse. Chiuse gli occhi. Tum-tum. Tum-tum. Tum-tum.
⎯AAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!!! ⎯ la voce di Kerochan giunse dalla stanza di Sakura.
I due ragazzi si alzarono d’istinto dal divano, e Sakura corse in camera sua, seguita a ruota da Li. “Giuro che se questa volta non è una cosa seria lo strozzo!” pensò quest’ultimo, conscio del fatto che quell’urlo aveva messo fine a quei pochi minuti romantici che c’erano stati fino a quel momento.
⎯Kerochan, cosa…? ⎯ iniziò Sakura, ma si bloccò, nel vedere che le carte volteggiavano in cerchio in mezzo alla stanza, già nel caos più totale da quella mattina.
⎯L-le… le carte… loro…⎯ farfugliava Kerochan, che pareva terrorizzato.
⎯Cosa può essere successo, Sakura? Sakura, mi ascolti? ⎯ chiese Li, guardando la ragazza, che era rimasta quasi pietrificata.
⎯Le carte…⎯ sussurrò lei ⎯…sono strane. Hanno paura di… qualcosa.
⎯Cosa? Paura? Ma come può essere? ⎯ il ragazzo era sbigottito. Solo ventiquattr’ore prima aveva pensato che fosse davvero tutto finito, e adesso le carte avevano deciso di comportarsi in quel modo assurdo…
Sakura prese l’iniziativa e protese la mano verso la prima carta che le capitò in mano: il legno.
⎯Sakura, non…⎯ gridò Kerochan. Troppo tardi: la carta del legno improvvisamente diventò tanto bollente che la ragazza dovette lasciarla andare, e in mezzo alla stanza crebbe un grosso albero, i cui rami parevano incontrollabili.
Sakura indietreggiò intimorita ⎯Ma cosa succede, Kerochan?
⎯Non ne ho idea!-- rispose lui, volandole accanto in un baleno ⎯Non le ho mai viste comportarsi così…
Con uno scatto fulmineo, uno dei rami più grossi si scagliò contro Li, che lo schivò per un pelo.
⎯Tutto bene? ⎯ chiese Sakura, preoccupata.
⎯Si… almeno per ora⎯ aggiunse, schivando un altro ramo che gli si era scagliato contro con un salto che lo portò vicino alla ragazza.
⎯Che possiamo fare?-- chiese lei, guardando alternando Kerochan e Li un paio di volte, mentre le carte continuavano a roteare attorno all’albero, che stava cominciando a tentare di mettere radici nel pavimento e faceva rumori poco rassicuranti. Un altro ramo tentò di attaccare Li, che questa volta era preparato e, una volta presa la spada, lo tagliò di netto, facendolo così scomparire. ⎯Mi piacerebbe dirti che ho un piano…⎯ rispose il ragazzo ⎯…ma non ce l’ho, purtroppo⎯ un altro ramo si diresse velocemente verso di lui ⎯Ma ce l’ha proprio con me, quest’albero! ⎯ esclamò, tagliando anche quello.
⎯Ora basta! ⎯ esclamò Sakura, prendendo in mano la Chiave del Sigillo ⎯Chiave del Sigillo, sprigiona tutti i tuoi poteri magici. Risveglia il potere della Stella. Luce stellare, cancella l’oscurità e il male. Scettro a me!
⎯Cosa pensi di fare, Sakura? ⎯ chiese Li, avvertendo nel suo sguardo un misto di rabbia e determinazione.⎯
⎯Questo! ⎯ rispose lei, avvicinandosi al fusto dell’albero. Stranamente, i rami non l’attaccarono, facendola passare senza problemi. ⎯Legno, torna nella tua forma di carta! ⎯ disse, muovendo lo scettro come faceva ai tempi della cattura delle carte di Clow.
L’albero scomparve, e la carta tornò tra le mani della ragazza assieme alle altre.
Sakura, Li e Kerochan tirarono un sospiro di sollievo. ⎯Mi piacerebbe tanto sapere perché quell’albero impazzito attaccava solo me⎯ disse Li, con una nota di disappunto nella voce ⎯mentre ha lasciato passare Sakura come se niente fosse, senza opporre resistenza nemmeno quando l’ha ritrasformata
⎯La carta del legno è molto ubbidiente⎯ disse Kerochan ⎯Non attaccherebbe mai la sua padrona
⎯Ma una volta lo ha fatto!> ribattè Sakura <era stata istigata dalla carta della pioggia
⎯Già, ma stavolta era da sola
⎯Ma perché ha attaccato Li? E perché le carte si sono comportate in modo così strano?
⎯Non saprei dire… Forse pensavano che il cinesino fosse un pericolo per te
⎯Un pericolo? ⎯esclamarono Sakura e Li nel medesimo istante, stupefatti.
⎯Non è possibile⎯ disse lei ⎯Devono essere totalmente impazzite per pensarlo! ⎯ era molto preoccupata, e non sapeva cosa pensare.
⎯Domani potremmo chiamare Eriol e chiedergli se ne sa qualcosa⎯ propose Li, mettendo una mano sulla spalla della ragazza.
⎯D’accordo⎯ rispose Sakura ⎯Kerochan, puoi tornare a dormire⎯ sorrise poi, vedendo che sbadigliava.
⎯E tu? ⎯ chiese lui, guardandola.
⎯Vengo tra un po’
⎯Fa come vuoi…⎯ Kerochan si richiuse dentro al cassetto che era la sua cameretta.
Sakura e Li uscirono dalla stanza, tornando in salotto, di nuovo seduti sul divano.
⎯Tu hai sonno? ⎯ chiese Sakura, che di quello che era successo cinque minuti prima voleva proprio scordarsene.
Li scosse il capo ⎯No, e tu? ⎯ chiese, guardandola.
Lei alzò le spalle ⎯Nemmeno un po’…anche se si potrebbe benissimo dire il contrario⎯ la ragazza aveva infatti un espressione molto provata dalle fatiche degli ultimi giorni.
⎯Hai ragione, si direbbe che sei esausta
Si sorrisero, per qualche strano motivo, e per una decina di minuti sembrava che il tempo si fosse fermato, tanta era la tranquillità: perfino gli animali il cui verso è consueto sentire nelle ore notturne erano nelle loro tane a godersi il meritato riposo, e il silenzio era assoluto.
⎯Mi spiace per prima⎯ disse Sakura dopo un po’ ⎯Non so perché le carte si siano comportate in quel modo…
⎯Non è mica colpa tua! ⎯ribattè Li ⎯Non potevi prevedere una cosa del genere a così poca distanza dalla catastrofe dell’altro giorno.
⎯Già… comunque sei stato bravo, prima. Cioè, non ti sei fatto nemmeno sfiorare dai quei rami… Non ti sei fatto male, vero? ⎯
Li scosse la testa ⎯Figurati. A certe cose ci si fa l’abitudine.
⎯E poi hai mantenuto la calma in modo impressionante. Nemmeno il minimo segno di panico⎯
⎯Anche tu sei stata meno fifona del solito! ⎯ scherzò Li, cercando di tirarla un po’ su di morale, dato che ogni minuto sembrava sprofondare sempre più in un pozzo senza fondo di malinconia.
⎯Fifona io? Come osi!? Solo io posso autocommiserarmi! ⎯ esclamò lei, portando le mani ai fianchi, falsamente indignata per l’affermazione del ragazzo. Prese quindi uno dei cuscini e lo colpì in testa, col risultato che finirono entrambi lunghi distesi sul divano.
⎯Sei sempre la solita! ⎯ disse Li, sorridendole e arrossendo un po’ ad avere il suo viso a distanza così ravvicinata. ⎯Sakura⎯ le disse poi, togliendole di mano il cuscino per poi riappoggiarlo sul divano ⎯promettimi che non cambierai mai.
⎯Mai, nemmeno tra un milione di anni⎯ promise lei, sorridendogli ⎯Ma anche tu devi promettermi che non cambierai mai.
⎯Nemmeno tra un milione di anni⎯ confermò Li, guardandola fissa negli occhi.
E così, nel silenzio di quella notte, il tempo parve fermarsi, e i due si scambiarono il loro primo bacio.



 
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Eyden88
view post Posted on 29/6/2009, 17:35




Ma solo io ho cominciato con una originale? °°

Comunque, giusto per essere pignola, questa non è stata la prima cosa che ho scritto. Però è quella più vecchia che ho sul pc. E SI', la protagonista è di un merisuismo da PAURA. Ma mi piace ancora, alla fine l'ho creata io.

Ps. L'ho scritta quando avevo 14 anni, abbiate pietà XD

SPOILER (click to view)
IL DONO DELL’AMICIZIA.


Un rumore di passi risuonava cupamente tra le mura di cristallo, uno sconosciuto passeggiava irosamente in quello spazio ristretto…Il furore che provava traspariva dalla sua pelle e lo si notava in lui: la linea serrata della mascella, i muscoli delle braccia e del collo rigidi a causa della tensione, i pugni contratti come se volesse picchiare qualcuno, la vena che gli pulsava furiosamente sulla tempia. Tutta la sua essenza tradiva una rabbia che, forse, neanche un essere umano potrebbe provare… Rimbalzava intorno a lui, sulle pareti dalle mille sfaccettature, dai mille segni. Segni strani, sconosciuti, probabilmente magici, fatti apposta per intrappolare… Intrappolare proprio lui, proprio il custode dell’oggetto che da solo incarnava un potere enorme,un potere che qualcuno di malvagio voleva.
Non era una stanza come tutte le altre, oh no; non aveva né porte né finestre e l’unica suppellettile era un cuscino che lo sconosciuto prendeva a pugni per sfogare la frustrazione. Era un uomo alto e smilzo, con i capelli spettinati e la barba di due giorni; la luce proveniente da fuori creava mille bagliori bianchi accecanti che creavano nei suoi capelli, neri come l’ala di un corvo, dei riflessi bluastri. Gli occhi, dello stesso colore, facevano venire la pelle d’oca: mandavano lampi che parevano rossi come il fuoco, brucianti della rabbia che lo rodeva profondamente. Era vestito con quello che una volta doveva essere un elegante completo color antracite, impeccabile, senza una piega o un filo fuori posto; in quel momento, invece, presentava diversi strappi e qualche bottone mancante, era completamente stropicciato, come se ci avesse dormito dentro, e il nodo della cravatta era allentato. La giacca, buttata negligentemente in un angolo, era ridotta molto peggio, con diverse macchie di terra e quello che sembrava sangue; il tutto contribuiva a farlo assomigliare ad un losco individuo, uscito miracolosamente indenne da una rissa.
Improvvisamente la stanza cominciò ad oscillare pericolosamente, facendo cadere l’affascinante quanto furibondo inquilino; e fu proprio in quel momento che la sua rabbia sfociò in un urlo sovrumano che fece tintinnare le fragili pareti di cristallo. Sbraitò:
- Fammi uscire da qui, dannata strega! –
Finalmente una voce melodiosa gli rispose per la prima volta dopo giorni e giorni che urlava la stessa supplica.
- Come sono contenta che tu ti sia svegliato, Justin! – E qualcosa di enorme sollevò la stanza – Ora mi dirai chi possiede l’amuleto, vero? -
E in quel momento Justin capì di trovarsi in trappola, dopo che la donna ebbe appoggiato la piccola sfera di cristallo sul suo piedistallo d’argento.
A cinque chilometri di distanza una ragazza non pensava neppure di avere tra le mani il proprio destino, che sarebbe cambiato ci lì a qualche giorno.

* * *

- Audrey Cara Walters, mi farebbe piacere che tu stessi attenta: anche se sei la migliore studentessa del mio corso, questo non ti autorizza a far chiasso!
- Ma io non sto facendo rumore! Sto parlando con Iris!
- Iris è una pianta, non una persona. E ora, se sua maestà La Giardiniera me lo permette, vorrei continuare la mia lezione di botanica…
Ma la ragazza non la stava più ascoltando. Con quella sua vocetta indignata le aveva interrotto la conversazione con Iris; le stava raccontando cosa le era successo, quando era caduta dalle scale quella mattina: aveva chiuso gli occhi e quando li aveva riaperti si trovava seduta, incolume, sotto il grande ciliegio di casa sua. Ricordava ancora nitidamente quando il nonno le aveva insegnato a salire su quell’albero…
- Devi aggrapparti qui. Stai attenta a non fargli male.
E lei era salita, si era appoggiata al tronco; si era sentita subito protetta così aveva sorriso al nonno e gli aveva detto:
- Io non gli farò mai del male. Lui lo sa.
Aveva cinque anni allora; ora ne aveva ventuno. E il ciondolo che le pendeva dal collo era stato un suo regalo, quando era in punto di morte. Era una collana che le era piaciuta tantissimo, nonostante l’avvenimento che aveva portato il dono: aveva una catenina di ferro, intrecciata come un tralcio d’uva; il fermaglio rappresentava due chicchi d’uva e due foglie di vite che creavano uno spazio vuoto dove era alloggiata una piccola sfera di cristallo.
Era di foggia antica e chiunque altro non si sarebbe nemmeno sognato di abbinarla a jeans e maglietta perché non si sarebbero adattati; ma per lei era diverso: non se ne sarebbe mai separata e non gli importava se i suoi amici le dicevano che sembrava un diamante in mezzo a sassi.
In quel momento squillò la campanella che segnava la fine della lezione e il solito caos la seguì: rumore di sedie spostate, i quaderni e la cancelleria in borsa, la giacca in una mano e il braccio dell’amica nell’altra. La routine di tutti i giorni, insomma.
In pochi secondi l’aula si svuotò e le uniche persone che rimasero furono Audrey e un gruppetto di ragazzi che presto avrebbero conosciuto quella straordinaria ragazza.
- Forza! – Uno dei due ragazzi aveva parlato; era alto e smilzo con occhi e capelli neri come la pece. Si stava rivolgendo ai suoi due amici, Lucas e Andrea. Erano una coppia di straordinaria bellezza: lui era alto, biondo con occhi del colore del cielo mentre lei era poco più bassa, con capelli castano-ramati e occhi di un caldo color cioccolato.
Erano un gruppo affiatato anche se si erano conosciuti da poco; il primo giorno di lezioni si erano scontrati in corridoio, sparpagliando libri, quaderni, matite e una serie di oggetti sul pavimento. Provenivano da tre ale diverse dell’università, e non si erano mai visti ma divennero subito grandi amici; soprattutto Lucas che si era sentito ammaliato, quasi ipnotizzato da profondi occhi da cerbiatta di Andrea. Il terzetto era rimasto unico con un solo leggero cambiamento: Lucas e Andrea si erano fidanzati.
Quel giorno avevano bisogno d’appoggio; il tipo d’aiuto che solo una persona veramente brava, e appassionata, in botanica poteva loro dare.
- Ehm, scusa… Potresti aiutarmi? – Andrea le picchiettò nervosamente su una spalla.
Audrey si girò di scatto, sferzando l’aria con i lunghi capelli biondi; il sole vi riflesse la sua luce facendoli sembrare fili d’oro. I lucenti occhi verdi guardarono con sorpresa curiosità i nuovi venuti, poi sorrise, illuminandole il viso di gioia.
Il ragazzo rimase impressionato dalla sua bellezza, ma più di tutto rimase incantato a guardare il ciondolo mistico che le pendeva dal collo.
- Ciao, cosa posso fare per voi? – Aveva una voce piena e squillante. – Vi conosco già? -
- Che sbadata! – Esclamò Andrea battendosi una mano sulla fronte. Poi tese una mano – Piacere, io sono Andrea; Questo alla mia sinistra è Lucas, il mio fidanzato – Le fece l’occhiolino e sussurrò – Non ti preoccupare; sta solo cercando di giudicare chi è la più bella… Gli tirò un calcio negli stinchi e lo fulminò con un’occhiata. – Vinco io, vero? – Audrey nascose a fatica una risata e Andrea continuò le presentazioni. – Questo alla mia destra, invece, è il ragazzo più musone che conosca, quindi… Stagli alla larga… Vedendo la faccia sorpresa di Audrey, sorrise. – Sto scherzando! Lui è Justin. Comunque… Mi serve il tuo aiuto. – Aveva una dialettica davvero formidabile: aveva detto tutto quasi senza prendere fiato!
- Personalmente penso sia un problema senza importanza, ma a quanto sembra sono l’unico a pensarla così! – esclamò Lucas con noncuranza.
- Ma è una questione urgente!
- Dimmi cosa è successo.
- Bè, mio fratello è stato nei boschi stamattina presto, l’ho visto tornarci verso le sette. Sa che non deve andarci ma pare che infrangere le regole sia una delle attività che preferisce, dopo rendermi la vita un inferno…
- Chissà chi mi ricorda… S’intromise Lucas lanciando un’occhiata eloquente alla ragazza che gli rivolse uno sguardo assassino.
- In ogni caso quando è tornato aveva le dita sporche e una macchia color bluastro sulla maglietta. Bè, mi sono preoccupata. Chissà cosa ha mangiato! Magari era velenoso!
- Sicuramente non cadrà il mondo! Una peste in meno! – Esclamò ridendo Lucas; Andrea sospirò con aria rassegnata.
Audrey rimase pensierosa un attimo… - Posso conoscere tuo fratello? –
- Sì certo, vieni. Andiamo a casa mia! In marcia!
- Aspetta un momento, devo finire di fare una cosa.
Si diresse verso il lavandino, dove prese un po’ d’acqua con cui innaffiò la piccola pianta che stava germogliando. Poi la mise fuori della finestra, sopra una tavola di compensato, in un posto né troppo soleggiato, né troppo ventoso, dove Iris sarebbe fiorita donando gocce di felicità a Audrey, che l’aveva coltivata come se fosse il tesoro più prezioso.
Nessuno conosce di noi il futuro, tantomeno i quattro ragazzi; ognuno di loro intuiva che presto sarebbero diventati grandi amici ma nessuno pensava minimamente che uno di loro si sarebbe rivelato presto un traditore…

* * *

- Devi dirmelo! Te lo ordino! – La voce resa stridula dalla rabbia rimbombava nella testa di Justin; la donna sembrava sul punto di pestare i piedi dal dispetto.
La sua voce era calma quando parlò ma esprimeva un’ira profonda: - Scordatelo, Terenzia! E’ mio dovere di custode proteggere l’amuleto!
La strega sembrò tornare irrimediabilmente alla realtà, lasciando l’immagine di bambina indispettita per tornare al suo ruolo. La sua espressione diventò impenetrabile e un sorriso perfido le sbocciò sul viso, ma che scomparì subito: la sua potente magia le impediva di estorcergli l’agognato segreto e lui non l’avrebbe mai fatto volontariamente! A meno che…
All’improvviso una voce parlò nella sua mente e l’ascoltò attentamente per un attimo; poi si rivolse a Justin, visibilmente compiaciuta.
- Senti, senti, senti… Ho notizie veramente notevoli… T’interesseranno molto…
L’uomo si sentì gelare, mentre un cupo presentimento lo invadeva.
- Ti conviene ascoltare questa conversazione telepatica… Sai, ho un servo che sta cercando la ragazza…ù
Justin s’irrigidì mentre quella sensazione prendeva forma… un servo… la stava cercando…
In quel momento una voce rimbombò nella sfera:
- Mia signora!… Ho trovato la ragazza e ho visto il ciondolo; è veramente bello come me l’aveva descritto! – La voce gli tremava per l’eccitazione – Cosa devo fare? -
La strega godette quando vide Justin impallidire e barcollare. E decise di dargli il colpo di grazia, che l’avrebbe annullato…
- Rubaglielo e poi uccidila. E’ troppo potente per i miei gusti. – Poi rise sguaiatamente, esprimendo la sua malvagità.
Il Custode emise un urlo improvviso, carico di rabbia, impotenza, e il suo potere, rimasto sopito fino allora, esplose sprigionando tutta la sua potenza, illuminandolo di un’accecante luce bianca.
E la sfera si ruppe.

* * *

Audreyfissava ammirata il complesso residenziale in cui abitavano i tre ragazzi: era formato principalmente da cinque o sei villette sparpagliate con simmetrico disordine sull’enorme prato.
In quel momento il gruppetto si trovava davanti alla casa di Andrea: era una villetta di due piani più una piccola mansarda. Aveva i muri beige e le persiane nocciola; ai lati della porta d’ingresso c’erano due aiuole, bordate di candidi sassi, dove crescevano rigogliose delle calle. Sulla destra di Audrey, inoltre, cresceva un’enorme quercia dove, incredibilmente, era costruita una piccola casa. Era solo una piattaforma con varie maniglie per reggersi ma colpiva il fatto che veniva usata abitualmente: c’erano enormi cuscini multicolori sparsi sul pavimento e vasi di fiori posti un po’ ovunque; mammole, viole del pensiero, primule, tulipani, e un grande girasole. Andrea pareva imbarazzata:
- Vado lassù quando voglio stare sola…
- Quindi mai. – L’interruppe Lucas con un sorrisetto sulle labbra - …Soprattutto quando voglio che questo imbecille che chiamo fidanzato non faccia battutine idiote. – Continuò lei.
Justin si intromise ridendo:
- Tregua! Seppellisci l’ascia di guerra, Andrea! Non è piacevole raccogliere i cocci di Lucas! Soprattutto quando li devo incollare: potrei non sopravvivere, guardando la sua brutta faccia!
Audreystava guardando dubbiosa i due ragazzi che fingevano di spennarsi a vicenda, quando Justin le si avvicinò con un sorriso sornione sulle labbra:
- Non ti preoccupare, alla fine fanno sempre pace.
Infatti, proprio in quel momento, dopo essere caduti grazie a uno sgambetto di Andrea, i due si stavano baciando.
- Ottimo modo per fare la pace. Pensò lei mentre la mano di Justin le si posava su una spalla; all’improvviso, però, si interruppe terrorizzata perché una strana… pulsazione, proveniente dal ciondolo, la fece ansimare di sorpresa… Come se fosse… vivo…
Barcollò, e Justin, dietro di lei, l’afferrò d’istinto, prima di accasciarsi a terra, svenuta.
- Oh mio Dio! – Esclamò Andrea spaventata – Cosa le è successo?
- Non ne ho la più pallida idea – Disse Justin ma non era la verità. Sapeva di essere lui la causa, e sapeva anche il perché.
- Justin, ma che fai lì impalato?!? Portala in camera mia, presto!
Lui obbedì, reggendola tra le braccia come si potrebbe fare con qualcosa di fragile; e, infatti, pareva veramente molto giovane e delicata. Ma lui sapeva che dietro quell’aria da bambina si nascondeva la forza d’animo e la tenacia di un leone.
La depose sul letto della camera della ragazza, poi disse:
- Perché non andate a prendere un po’ d’acqua e qualcosa da mangiare? Scommetto che oggi non ha pranzato e le è venuto un capogiro.
Lucas e Andrea uscirono e in quel momento Audreyaprì gli occhi color smeraldo; guardò Justin dritto negli occhi e lui sentì qualcosa sciogliersi nel profondo. Non gli era mai successo e non sarebbe mai dovuto accadere, soprattutto con quella ragazza; ma era successo. Si era innamorato.
Ma nei suoi occhi c’era una nuova luce che rovinava tutto; era determinazione.
- Chi sei? – Aveva una voce più profonda che sembrava rispecchiare delle esperienze vissute in quel breve lasso di tempo.
Justin gemette, sconfortato. Ormai non aveva più possibilità. Fece un profondo respiro poi cominciò:
- Io sono… - Ma si interruppe perché Andrea e Lucas erano tornati.
- Che spavento che ci hai fatto prendere, Audrey! Pensavamo… Fortuna che Justin era dietro di te, altrimenti avresti potuto battere la testa.
Audreysi sollevò dal letto e si guardò intorno; subito disse:
- Complimenti Andrea, sei molto originale.
Ed era vero. Era come essere immersi in un allegro arcobaleno: il letto era di legno di cedro ma i lenzuoli erano di un tenue giallo mentre il copriletto di un caldo arancione. Cuscini di varie forme e dimensioni erano sparpagliati per la stanza e dal lucernario, dato che la camera occupava l’intera mansarda, pendevano dei delfini blu di cristallo che tintinnavano a ogni movimento.
- Nonché molto disordinata – Soggiunse Lucas con un ghigno divertito.
Audrey, vedendo il viso di Andrea incupirsi, cercando di metter fine a ogni proposito bellicoso, disse:
- Preferisco chiamarlo ordine artistico – la sua voce dolce e pacata sembrò calmare i bollenti spiriti della ragazza.
- Visto che sono così disordinata, ti libero della mia presenza – così dicendo uscì sbattendosi la porta alle spalle. Lucas, pentito del proprio comportamento, la seguì e lasciò Justin e una ragazza desiderosa di spiegazioni soli un’altra volta.
Di nuovo il ragazzo cercò di spiegare ma ancora venne interrotto, ma questa volta non furono né Andrea né Lucas.
Fu qualcuno che entrò in scena in modo alquanto sensazionale.
Justin.

* * *

Nessuno seppe con certezza quel che accadde; né Justin ma nemmeno Terenzia. Ciò che è certo è che l’uomo riuscì a liberarsi e la strega fu messa temporaneamente K.O.
Justin venne sbalzato fuori dalla sfera di cristallo e, cadendo sul prezioso tappeto d’ Aubuisson, riacquistò le sue solite dimensioni restando illeso; Terenzia, al contrario, non fu così fortunata perché, a causa dell’onda d’urto di una potenza fuori dal comune, perse l’equilibrio e sbatté la testa sulla gamba di un mobile di puro mogano.
Quando Justin si risvegliò sdraiato sul tappeto di una splendida villa arredata con un gusto sopraffino, pensò di essere finito nel posto sbagliato. Possibile che quella vecchia megera abitasse in una casa di lusso? Se l’era sempre immaginata come una vecchia rugosa, scorbutica, con degli stracci al posto del vestito e un’enorme verruca sul naso. Invece si ritrova una donna molto attraente, sui trent’anni, con fluenti capelli castani e un costoso tailleur firmato Armani. Gli sembrava di averla già vista da qualche parte… Quando non gli venne in mente nulla pensò che probabilmente l’aveva intravista dalla sua prigione.
Il problema, in quel momento, era un altro. Doveva trovare la ragazza e proteggerla dal servo di quell’arpia. Prima, però, decise di rendere inoffensiva la donna: la legò a una sedia e la imbavagliò; poi si concentrò sulla presenza magica del ciondolo e, in una pioggia di scintille color arcobaleno, sparì per ricomparire nella mansarda di una casa poco lontano.

* * *

L’uomo riapparve esattamente ai piedi del letto di Andrea, guardando negli occhi verde smeraldo, sgranati per la sorpresa, di una ragazza molto bella; il ragazzo alla destra del letto emise un sospiro di sollievo poi disse:
- Justin, come sono felice di vederti! Che fine avevi fatto? Non speravo più a una tua comparsa. Guarda – indicò con un dito Audrey, che guardava prima uno e poi l’altro – L’ho trovata subito, sai?
- A dopo i convenevoli – rispose ansioso – Dobbiamo riunirci, per difenderci. Quando sei uscito di casa qualcuno mi ha aggredito; era una strega, Terenzia, che stava cercando il ciondolo. L’ho messa al tappeto ma da qualche parte ci deve essere un suo servo. Il problema è che non so chi sia! Dovremmo per forza aspettare la sua prossima mossa.
Audrey, ancora stordita per la piega che avevano preso gli eventi, continuava a fissare l’uomo misterioso: erano identici, come in uno specchio. Perfino il neo sullo zigomo destro era lo stesso!
- Senti, ora dobbiamo assolutamente…
- Stop, stop, STOP! – urlò Audreyfurente – Ora voi mi spiegate tutto. E subito! – Era talmente arrabbiata che nei suoi occhi sembravano crepitare scintille di fuoco smeraldino.
I due ragazzi la guardarono ammirati ma poi l’uomo disse:
- Non ti turbare, ti spiegherò ogni cosa a suo tempo, ma prima è necessario fare…
le sorrise, incerto. Dopo i due si guardarono negli occhi e si diedero la mano; accadde una cosa… Un evento straordinario, fuori dal comune… Magico!
Il ragazzo che aveva conosciuto Audreysembrò diventare acqua vetrosa, trasparente e limpido come il cielo, poi si fuse con l’uomo apparso misteriosamente dal nulla. Si creò una luce bianca, accecante poi scaturirono mille scintille d’argento e l’Essenza del Tutore torno a essere una sola, più forte di prima.
Fece un gesto con la mano in direzione della porta; una chiave si materializzò dal nulla e la chiuse, poi si sentì un gran rumore di stoviglie, seguito da una serie di imprecazioni ben poco femminili, provenire dal piano sottostante.
- Ho solo creato un po’ di scompiglio affinché rimangano al piano inferiore fino a quando non ho finito – Poi si sedette sul bordo del letto e guardò intensamente il ciondolo al collo di lei.
- Quel pendente è tramandato da generazioni nella mia famiglia; era di mia nonna. Cos’ è realmente?
- E’ un medaglione magico e racchiude in sé una forza che nemmeno immagini. Se finisse in mani sbagliate, ci sarebbe il finimondo. Esso controlla uno dei quattro elementi più l’elettricità. Se quella strega riuscisse a prenderlo farebbe pagare fior di quattrini per poter utilizzare l’acqua, l’aria, il fuoco, la terra e il fulmine. Anche se…
- Anche se cosa? Ma prima… Chi diavolo è “ quella strega “?
- Si chiama Terenzia ed è una donna che vuole il tuo ciondolo, anche se non sono sicuro che sia per soldi… Quando mi sono svegliato fuori dalla sfera in cui mi aveva imprigionato, ero in una villa magnifica, con un arredamento ricercato e quadri che sembravano autentici. Una persona che ha bisogno di denaro, inoltre, non veste Armani!
- A quello penseremo poi. Continua la storia!
- Come stavo dicendo… Il tuo pendente controlla il potere della terra.
- Cosa significa?
- Una cosa molto semplice. Essi sono cinque e tu ne possiedi uno solo. Se non troviamo gli altri prima di lei e dei suoi servi, saremo spacciati.
- Intendi dire che in questo momento potrebbe spiarci?!?
- Purtroppo sì. Devi stare attenta e imparare a usufruire del tuo potere per poterti difendere.
Justin si lasciò andare contro la colonnina del letto a baldacchino, con un braccio sugli occhi come se avesse la testa troppo pieno per pensare. Poi disse, con voce rabbiosa:
- Il problema è che non sappiamo che sia la spia! Potrebbe attaccare in qualunque momento colpendo i nostri punti deboli! – E mentre quella constatazione prendeva forma nella mente dei due, qualcuno fuori dalla porta sorrise soddisfatto.

* * *

- E’ tutto squisito – disse Audreycon in bocca ancora un pezzo dell’ottima torta allo yogurt che aveva fatto Andrea – Non sapevo fossi anche cuoca!
- Se continui di questo passo mi farai arrossire! – rispose Andrea ma in fondo in fondo i complimenti le facevano piacere. – Vi va di vedere la casa? -
Dopo un generale consenso li guidò attraverso l’immensa villa; nemmeno Lucas l’aveva mai vista.
In quel momento entrarono a sbirciare la camera dei genitori della ragazza. Era una stanza ampia e soleggiata con un guardaroba dall’altro capo del letto; accanto a esso c’era una cassettiera con una lampada, un telefono e delle fotografie con il matrimonio della coppia; nel locale a lato di essa c’era un piccolo bagno, con la specchiera lucida, come se non fosse mai stata utilizzata, e l’armadietto con qualche flacone e un vasetto. C’era qualcosa di strano…
- Questa è la camera di mio fratello.
Era una stanzetta sobria, con il blu come tono dominante; accostato a una parete c’era un lettino singolo mentre all’altra uno scrittoio con una lampada, che a prima vista sembrava molto antica. Era tutto così pulito, così artificioso… Tutto così stranamente perfetto! Audreyera nervosa; le sembrava tutto sbagliato, come i pezzi di un puzzle fatti coincidere a forza.
Arrivati in salotto Andrea esclamò, sorpresa:
- Non l’avevo ancora notato ma, cara, hai un ciondolo semplicemente divino! Posso vederlo maglio? – aveva un tono così innocente, così veramente… vero! Forse era diventata un po’ paranoica. Mosse le mani per sganciarsi il medaglione ma si bloccò a metà mentre la vocina dentro la sua testa continuava a bisbigliarle: - Non farlo! Non farlo! -
- No – rispose Audreycon voce tremante; la verità le balzò agli occhi così lampante, così nitida… - Perché? – pensò lei disperata…
- Cosa c’è? Guarda che voglio solo dargli un’ occhiata! Non te lo porterò via. E comunque dove vuoi che vada? Sono in casa mia! -
- Ma questa non è casa tua. – la voce di Audrey, malgrado il tremito che nascondeva a fatica, era sicura; non sapeva come faceva ma era la verità. Ne era certa.
La guardarono tutti strabiliati, Andrea più degli altri.
- Ma cosa stai dicendo? – chiesero insieme; poi Lucas intervenne:
- L’ho sempre riaccompagnata a casa da quando vive qui e Sarahnno già… non so… un paio di mesi! E’ assolutamente improbabile che abbia finto per tutto questo tempo!
- Audrey, non ti preoccupare… Non me la sono presa. Sono convinta che tu abbia ancora le idee un po’ confuse a causa dello svenimento di prima…
- Non è vero e tu lo sai! Possibile che voi non notiate nulla di strano qua dentro? – guardò i due ragazzi che evitarono accuratamente il suo sguardo; anche loro se ne erano accorti ma… Andrea era un’amica!
- Guardatevi intorno – continuò la ragazza – Dice di avere un fratellino a cui piace disubbidire; ma non c’è nulla che dimostri che ci sia! Mio cugino è un tipo a cui piace dimostrare che le regole sono state create proprio per infrangerle; non c’è mai niente, dico nulla, che sia in ordine. Mia zia sogna una camera come quella al piano superiore ma il problema è che, in quel caso, mio cugino sparirebbe.
- Abbiamo una domestica che viene a riordinare tutte le mattine… Sarà già venuta.
- No – questa volta intervenne Justin – Ho notato che nel lavandino ci sono ancora le tazze sporche. Inoltre sulla mensola della camera dei tuoi genitori c’era almeno un dito di polvere. O hai una collaboratrice domestica veramente sfaccendata… Oppure… - E il suo sguardo si fece cupo come la notte - …Stai mentendo.
- Non so di cosa stiate parlando – ormai aveva perso quella briciola di cortesia e la sua voce era gelida come un vento siberiano; tutti rabbrividirono.
- Sì che lo sai – la rimbeccò Audrey– Te ne sei accorta anche tu che questa assomiglia a una casa in vendita: sterile e polverosa! Non ci sono nemmeno fotografie tue! Non avevi nessuna intenzione di farci entrare; ma, ammettilo, quando sono svenuta hai cercato di cogliere al volo l’occasione per rubarmi il ciondolo. Non cercare di negare perché è inutile. La prove sono lampanti, non hai più scampo!
Una risata malvagia le scaturì finalmente dalle labbra mentre una luce diabolica le si accendeva negli occhi.
- Perché cercare? Nessuno può battere la mia Signora, neppure due tipi come voi! E tu, piccola Tutrice, dovrai rinunciare per sempre al tuo bel medaglione!
I due ragazzi rimasero impietriti dallo shock, Justin più della ragazza: pensava fosse un’amica vera… Come aveva potuto farsi beffare come uno stupido da una strega da strapazzo come Terenzia?… Come aveva potuto permettere ai sentimenti di amicizia che lo legavano ad Andrea di prendere il sopravvento sul suo istinto? Aveva promesso che avrebbe protetto il Potere fino alla fine dell’Eternità e invece… Promise a sé stesso che, do ora in avanti, nessuno avrebbe più potuto aprire il suo cuore. E nascose quella chiave in un posto che forse neanche Audreyavrebbe mai più potuto ritrovare.
Intanto Andrea aveva levato le mani al cielo come per invocare qualcuno… O qualcosa… - Io mi prenderò l’ultimo ciondolo, e finalmente la Sua vendetta si compirà… E voi sarete tutti spacciati! Ah, ah, ah!
Una folata di vento violentissimo giunse dalla porta, che venne scardinata come se fosse fissata con solo della colla.
Una figura apparve nel vano vuoto come un angelo vendicatore; le mancavano solo la falce e il mantello nero per assomigliare alla morte.
- Davvero Justin caro, pensavi che bastasse legarmi e imbavagliarmi per fermarmi? Sei veramente ingenuo, più di quanto pensassi! Dimentichi che sono una strega molto potente! E ora, quando avrò quel ciondolo, sarò invincibile! – disse Terenzia.
Un turbinio di vento investì Audreyche si sentiva leggera come l’aria; le sembrava di volare e nella testa sentiva delle voci… Tante voci… Aprì gli occhi e fu come se vedesse nella mente di Terenzia: quattro ragazzi, spauriti, furiosi e senza la minima idea del motivo per cui si trovavano lì, rinchiusi in quattro celle diverse. Ma quello che colpì Audreynon furono gli occupanti delle celle ma un ciondolo, diverso dal suo e dagli altri, che ognuno portava al collo. Alla fine capì. La strega aveva i medaglioni, senza dubbio, ma non sapeva come prenderli; ci doveva essere una magia che le impediva di appropriarsene.
Ma… Come poteva? Come aveva osato fare una cosa del genere? Intrappolare dei ragazzi innocenti, che non potevano difendersi! Probabilmente non sapevano neppure di avere dei poteri magici! Bè, se voleva la magia, ora l’avrebbe avuta!
La visione sparì così come era apparsa e Audreysi ritrovò a volteggiare in una specie di tromba d’aria che la stava portando via. I suoi occhi cominciarono a lampeggiare di fuoco smeraldino; quella strega avrebbe finalmente capito cosa significasse imbattersi in una belva furiosa!
- Ora basta! – urlò lei e il ciclone svanì nel nulla; la ragazza levitò fino al pavimento, dove si fermò indenne. Audreyalzò lo sguardo mentre i capelli le si sparpagliavano intorno al viso come una nube temporalesca, carichi di elettricità.
- D’accordo ragazzina. Se vuoi la guerra, guerra avrai!
E lanciò una sfera luminosa contro la ragazza che tese una mano e la assorbì attraverso uno scudo di pura energia; poi la rispedì al mittente, decuplicando la sua potenza. Prese in pieno la strega, che fini al tappeto. Ma Terenzia si rialzò e, con un colpo basso, riuscì a stendere Audreyche purtroppo non si rialzò. Aveva utilizzato i suoi poteri per la prima volta con grande impegno ma aveva esaurito tutte le sue energie. E la strega riuscì a rubarle il ciondolo.
Si udì un rumore di vetri infranti provenire dal medaglione e Terenzia si mise a ridere sguaiatamente. Justin, furioso ma anche preoccupato, cercò di correre dalle due donne ma la strega creò una barriera che impedì di soccorrere Audrey.
- Ora finalmente potrò prendere anche gli altri ciondoli! La loro magia difensiva è stata spezzata e nessuno potrà più impedirmi di prendermi quello che è mio di diritto!
E sparì insieme ad Andrea in una nuvola di fumo nero, come una notte senza luna.

Audreyriaprì gli occhi immediatamente e si portò inconsciamente una mano al collo; spalancò gli occhi sentendolo disadorno. Una lacrima le scivolò lungo la guancia; finalmente la barriera si ruppe e Justin corse da lei. Appena la prese tra le braccia, lei scoppiò in un pianto dirotto, inzuppandogli la maglietta, come una bambina.
- Era il mio ultimo ricordo del nonno, me l’ha portato via! – Rialzò la testa, ogni traccia di disperazione sparita – Ma gliela farò pagare!
Justin cercò di intervenire; come faceva a spiegarle che senza il ciondolo non aveva più un briciolo di magia?
Improvvisamente, però, quella che somigliava paurosamente a una scossa di terremoto interruppe i suoi pensieri. Cosa diavolo stava succedendo?…- No, non è possibile! Come fa?… Un’altra scossa, più forte della prima, fece tremare il pavimento della casa e l’epicentro… No, non poteva sbagliarsi… Era Audrey.
Guardò strabiliato quella ragazza, cosa stava succedendo? In quel momento si alzò e guardandolo disse:
- Il ciondolo era solo un vecchio monile. La magia non viene da qui – e indicò la testa – ma da qui. – e si premette i due palmi all’altezza del cuore. La scosse si interruppero e lei disse:
- Dobbiamo andare a liberare gli altri! Ma non so dove siano – riprese sconsolata
All’improvviso la voce di Lucas, di cui pareva si fossero dimenticati visto che sussultarono, emerse da un angolino; ma era piatta, quasi come quella di un automa. Quando apparve, però, si spaventarono: aveva gli occhi vitrei, e si muoveva a scatti. Era in stato di shock.
- Io so dove sono. So anche chi era quella donna. Non sarà difficile, basta che vi porti a casa mia. Quella donna era mia madre.
Gli altri rimasero scioccati. Ma in quel momento il problema era un altro; Audreycorse da lui e lo abbracciò stretto mentre usciva lentamente da quello stato comatoso. Le restituì l’abbraccio e li guidò in una villetta lì vicino.
Dopo essere entrati Audreysi fermò; aveva una faccia preoccupata.
- Questo posto mi piace sempre meno…
Lucas li scortò in cantina e si fermò davanti a una porta chiusa con una pesante catena in ferro.
- L’ho scoperta poco tempo fa e quando l’ho chiesto a… quella donna… cosa c’era dentro mi disse scherzosamente che c’erano gli scheletri della nostra famiglia.
Justin si avvicinò, prese in mano il lucchetto e quello si aprì, come per magia!
Seguirono un corridoio di pietra umido, poco illuminato e pieno di
Ragnatele; Audreysi chiese con orrore come i ragazzi avessero sopportato tutto questo. In quel momento arrivarono davanti a un antro chiuso da delle sbarre di un ferro che sembrava molto resistente. Dentro, come Audreygià sapeva, giaceva sul suo pagliericcio una ragazza alta, smilza, con corti capelli rossi come il fuoco; guardandola, nella testa di Audreysi formò un nome, che pronunciò lentamente, con rispetto:
- Sarah, Signora del Fuoco…
La ragazza alzò la testa di scatto: erano due giorni che non sentiva più una voce umana e non era quella dell’arpia che l’aveva rapita; tutto era successo quattro giorni prima, mentre tornava dall’ospedale psichiatrico. Erano cinque mesi che quella schizzata di sua mamma era rinchiusa lì e quel giorno, diversamente dal solito, invece di parlare a vanvera di un potere mai visto, le aveva messo in mano quel ciondolo, che la strega le aveva rubato, senza più dire una parola. Poi l’aveva guardata negli occhi e le aveva detto: - Proteggilo, fai attenzione, gioia… - Sarah si sentì venire le lacrime agli occhi ricordando il diminutivo che sua madre usava sempre nelle occasioni speciali, ricordando l’espressione dei suoi occhi, gli occhi non di una pazza, bensì di una persona che crede in ciò che dice. Voleva poter avere ancora il tempo di dire alla persona che più amava al mondo: - Mamma ti voglio bene! –
E ora, forse, ne aveva la possibilità; guardò i nuovi venuti ma quando il suo sguardo incontrò quello di Audreybarcollò, come se fosse stata colpita: aveva sentito dentro di sé un’energia sconosciuta che le aveva fatto rinascere la speranza nel cuore di poter dire, finalmente, le parole che tanto agognava a sua madre. Si era ricordata
Si diresse verso le sbarre e… le attraversò, le fuse, lasciando la sua sagoma scolpita nelle sbarre di ferro. Quando fu uscita sorrise e disse:
- Grazie di avermi salvata. E – guardò Audrey– grazie di avermi fatto ricordare.
Proseguirono ancora lungo il cunicolo e, rispettivamente, trovarono Zack, Signore del Fulmine, Elis, Signora dell’Aria e Sebastian, Signore dell’Acqua.
Finalmente uscirono in giardino, alla luce del sole. Si guardarono sorridendo per essersi finalmente ritrovati ma, allo stesso tempo, incupiti per la guerra che li attendeva, mentre Justin e Audreyraccontavano la loro storia.
Alla fine Zack intervenne:
- Se è come affermi, che i nostri medaglioni sono solo pezzi di vetro e metallo, lei alla fine tornerà. -
- E noi come faremo? – chiese Elis preoccupata.
- Bè, è ovvio. Ci batteremo. Siamo cinque più uno contro due. Le schiacceremo! – disse Sarah battagliera.
- Ma lei è più potente ed esperta mentre noi siamo solo dei novellini. – si intromise Sebastian calmo.
- Non importa quello che succederà – affermò Audreycon un sorriso incerto – L’importante è che noi siamo insieme. Il resto non conta. – unirono le mani al centro del cerchio che avevano formato – Per sempre. -
Non importa quello che sarebbe successo. Loro, finalmente, si erano riuniti. E nessuna strega con propositi di vendetta sarebbe riuscita a spezzare quell’amicizia.
Mai.


Edited by Eyden88 - 29/6/2009, 20:56
 
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raxilia™ichihara¬running
view post Posted on 29/6/2009, 18:27




Premesso che io fino a un anno fa non avevo mai scritto praticamente nulla e le poche cose iniziate e abbandonate e mai finite le ho quasi tutte cancellate [sono molto auto-distruttiva verso i miei obbrobri], ho trovato qualcosa miracolosamente scampato all'oblio, una roba scritta a diciott'anni, subito dopo l'esame di stato, in un momento di depressione nera.

Fa abbastanza schifo, certo mai quanto le bimbominkiate delle Vestali, però.

Ma fa schifo. U___U Notate il puro monoblocco. <.<

SPOILER (click to view)
E anche Marzo finì, lasciando dietro di sé il profumo dei fiori appena sbocciati, trasportati dal vento negli angoli più improbabili della città, piccole gemme colorate che brillavano in quel mare di grigio cemento. Il profumo di foglie e di vita umida che nasceva dalla terra si spandeva sul terrazzo, circondava la ringhiera di ferro battuto, trasfondeva al cielo un colore sempre più intenso e vivo. Tutto olezzava di vita brulicante, di energia, di forza, di amore, di istinti. Arrivò l’estate, un’altra estate, con il suo carico di aspettative, la sua atmosfera pregna di speranze, quell’odore tutto particolare, un misto di aria salmastra e di attese ed illusioni, che ti penetrano nei polmoni e fanno aumentare il battito cardiaco come un’iniezione di adrenalina, mettendoti addosso un’euforia inspiegabile. Il tempo passava, noi crescevamo, sempre ognuno da un lato della piscina, sempre lontani, tu di qua, io di là. Gli alberi invecchiavano, i fiori appassivano, la frutta marciva, il cielo scoloriva, e gli inverni passavano lenti, sempre troppo lenti, ed io e te, eravamo l’uno per l’altra come creature estive, come quelle fatine di cui si sente parlare nelle fiabe che le madri raccontano ai figli, quelle ninfe, quegli elfi, quei folletti che appaiono solo in certi luoghi, o solo la notte, o solo quando brilla la luna piena, o solo quando il sole raggiunge lo zenit. Fuori da quel lido non esistevamo, mai ci siamo incrociati per la strada, mai d’inverno, tu inesistente in questa grande città, io lontana da quelle lunghe strade di pietra. Sembrava vivessimo solo d’estate, e poi ci richiudessimo in un lungo letargo misterioso. Non so se in tutto questo tempo tu abbia ricambiato i miei sguardi per la stessa ragione per cui io te li lanciavo, spinto dallo stesso sentimento, quel misto di curiosità, attrazione, romanticismo, speranza, capriccio, ossessione, innamoramento, e quella parola che nei tuoi confronti non ho mai pronunciato, per non farmi troppo male, che sembra voler affiorare alla superficie, ma si accontenta di dimenarsi sul fondo, desideroso di uscire, di mostrarsi, ma paziente, cosciente che non è il suo momento, cosciente anche di poter morire, lì, lontano dalla luce, eppure non timoroso di questa possibilità. Oppure se mi guardi in segno di sfida , ricambi il mio sguardo per noia, simpatia, per abitudine, come un riflesso condizionato, per gioco, per scherzo. Ma più i giorni passano, più le settimane scorrono, più le stagioni si rincorrono, più gli anni si susseguono, e più mi convinco, e forse mi illudo, o forse prendo atto a ragion veduta, che la prima ipotesi, in fondo in fondo, sia quella esatta. Sai, tutto forse nasce da un momento di ripicca, da un incapricciamento, da una mia ottusa convinzione, da una mia personale ossessione, da una mia testarda idea. Ti ho osservato a lungo, prima per distrazione, perché mi capitavi davanti agli occhi, perché diventavo curiosa, perché i tuoi modi erano diversi, perché spiccavi in mezzo a quella bolgia che si agitava senza ragione e senza perché, poi sembravo averti dimenticato, spinta solo dalla curiosità… Vai a vedere che ti ho pescato poi da un recesso della mia mente, quel giorno di prima estate che ti ho rivisto, subito, come la prima volta, spiccavi, ti facevi notare tuo malgrado. Mi sono sempre vantata di poter capire le persone alla prima occhiata. Ti ho guardato così a lungo, che, a questo punto, dovrei scrivere una biografia di te, se veramente sono così brava a leggere negli occhi delle persone. Ogni tuo gesto, ogni tuo sorriso, ogni tuo atteggiamento è stato valutato, soppesato, clinicamente misurato, sebbene la distanza fisica sia tanta, e la mia personale miopia peggiori le cose. Non so perché in quei pochi momenti in cui ci siamo sfiorati, ci siamo trovati vicini, non abbiamo avuto il coraggio di guardarci negli occhi, noi così bravi a tessere trame di pensieri e di parole non dette da quelle distanze. Forse per paura, per noluntà, per noia, per troppa superbia. Ma se tu davvero mi assomigli, e credimi, la sensazioni che ho avuto da quando ti ho visto la prima volta, è stata quella di uno spirito affine, di un pensare comune, di un agire simile, sarà per educazione, o indole naturale, bè, se tu davvero mi assomigli anche solo di poco, so già perché fai così. Sono gli stessi motivi che mi spingono a comportarmi così, in ogni mio rapporto quotidiano. E’ un tale groviglio di emozioni, educazione, principi di vita, esperienze quotidiane, che non si possono elencare i motivi, così come si spiega una tovaglia al sole per farla asciugare. Bisogna accettarli per ciò che sono, oppure negarli totalmente. Non si può tentare di comprenderli. Solo tu ed io possiamo capirli, e chi, come noi, possiede la giusta chiave di lettura, perché possiede quegli schemi mentali. Ogni cervello è una serratura: una volta forgiata, si apre con una sola chiave. Sono pessimista, lo ammetto. Se tu mi assomigli almeno un po’, forse non ci incontreremo mai, non ci parleremo mai. Saremo due rette parallele, cammineremo l’unico di fianco all’altro, sempre nella stessa direzione, e non ci toccheremo mai. E poi le stagioni passeranno, altre estati si consumeranno, in un fuoco breve ma intenso, e un giorno, forse prima tu, o forse prima io, non verremo più qui, non ci vedremo mai più. E magari non sei tu l’uomo della mia vita, e magari non sono io la donna della tua vita, ci sposeremmo, e ci dimenticheremmo di queste baggianate adolescenziali, le ricorderemmo con un po’ di nostalgia, ma senza magoni, senza groppi alla gola. Oppure no. Oppure scopriremmo che eravamo fatti l’uno per l’altra, che io ero il tuo destino, che tu eri il mio fato, che per troppa accidia, per paura di rischiare, ci siamo preclusi la possibilità di amare. Chi lo sa cosa ci riserva il destino: magari domani, mentre sto guardando il mare, tu mi verrai vicino, e mi dirai qualcosa di banale e cominceremo a parlare, e scopriremo di esserci sbagliati, e ognuno per la propria strada, oppure no, ci avvicineremo, e non ci lasceremo mai più. Ma perché drammatizzare? Forse rendo le cose più grandi di quello che sono. Ma allora perché, all’idea di non incontrarti mai più, ho come questa sensazione di una perdita irreparabile, di un pezzo che si stacca da me e mi lascia vuota, questo incombere di un fato irrevocabile e malvagio che mi condannerà alla tristezza e alla noia eterna? Non lo so: a volte queste sensazioni sono puri cortocircuiti mentali, inganni della ragione, mostri destinati a svanire in fretta nell’aria, a dissolversi in ampie volute di fumo. E se un giorno ci sembrerà troppo vuota la nostra vita, non potremmo invocare il destino beffardo, non potremmo maledire oscure ed invidiose divinità lontane. Potremmo biasimare solo noi stessi, perché ogni uomo è artefice del proprio destino. E chissà, se tornerò più a respirare un’atmosfera serale così densa di promesse…
Promesse… Promesse… Promesse… Me lo hai promesso… Me lo hai promesso, mamma… Me lo hai promesso, mamma, che da grande anch’io troverò l’uomo della mia vita… Me lo hai promesso, e se non succede, vuol dire che mi hai mentito… Me lo hai promesso… Ma io ho fiducia in te… Me lo hai promesso… Perché io ti voglio bene mamma… E lo so che tu non mi mentiresti mai… Che tu non mi dici le bugie… Me lo hai promesso… Perché tu non mi faresti mai del male… Me lo hai promesso…
Pensieri che turbinano nell’aria, di fronte a me, volute di fumo, ampie, grasse, compiaciute e voluttuose, che si dissolvono in lente e pigre girandole colorate, davanti ai miei occhi… Non so perché, ma immagino sempre che i pensieri, soprattutto i pensieri d’amore, i pensieri romantici, concepiti la sera tardi, in macchina, mentre si torna a casa, in una calda serata estiva, siano rossi, un rosso antico, molto tenue, che volge al marrone chiaro, una terra di Siena non bruciata… E in ognuna di quelle volute sia racchiusa un’immagine, una fotografia di quella particolare fantasia, emblematica, di quel pensiero che si dissolve, quel pensiero che si allontana attraverso le fessure del finestrino, portato via dal vento notturno, che mi sfugge, lentamente, ma inesorabilmente, e mi lascia vuota, nuovamente e come sempre. Mi si spezza il cuore quando mi produco in queste elucubrazioni, C’è chi nasce con la tragedia nel sangue, ma sospetto che nelle mie vene scorra più tragedia che plasma sanguigno… Vorrei sapere da dove lo prendo tutto questo fatalismo… Eppure in famiglia nessuno ha la tendenza al suicidio, alla depressione, o al progressivo immalinconimento… Non trattasi di tara genetica… E la prova certa e lampante è seduta proprio qui, sui seggiolini accanto ai miei, contenuta, anzi, a mala pena rattenuta, nei corpicini delle mie due grandi sorelle minori… Che si agitano e schiamazzano come due scimmiette impazzite, e mi invitano a partecipare alla caciara generale. Ma stasera non voglio. Stasera non sono in vena, non ho genio. Mamma mi guarda preoccupata, attraverso lo specchietto retrovisore. Distolgo lo sguardo. Lei sa leggermi negli occhi, interpreta anche il più piccolo dei miei sguardi. E afferra all’istante il nocciolo della questione. Semplicemente lo sa, prima ancora che lo sappia io. E stavolta non voglio che sappia. Non questa volta. Per quanta voglia abbia di confidarmi, quasi immagino le sue risposte, e già so che svanirebbe tutto il lato tragico e poetico della situazione. E questa volta voglio mantenere un po’ di poesia e di fantasia nella mia vita fin troppo razionale. Non potrà sottrarmi a questa distrazione. Non a lei. Non ora. Non ora che posso. Mamma mi guarda, ancora un secondo, prima di aprire bocca, dice poche parole, qualcosa ha intuito: “Camilla, non pensare troppo! Ti fa male!”… Non pensare troppo… Non pensare troppo… Non pensare troppo…
E’ una vita che questa frase mi perseguita… Ho un cervello, perché non dovrei pensare… Non pensare troppo… La vita è breve… Non pensare troppo… Le giornate hanno solo ventiquattro ore… Non pensare troppo… Ci sono milioni di compiti da svolgere quotidianamente… Non pensare troppo… Correre di qua e correre di là… Non pensare troppo… E quei pochi momenti strappati al veloce fluire del tempo… Non pensare troppo… Quelle nicchie spazio-temporali in cui il tempo si sospende ed io mi trovo a rigirarmi i pollici… Non pensare troppo… Non dovrei riflettere? E perché?... Non pensare troppo… Mica sono uno di quegli ammassi di carne che passa il suo tempo col cervello spento, spatasciato sul divano ad assorbire come una spugna tutte le schifezze che gli vomita addosso il televisore?! Io ho un cervello, io! Non pensare troppo?!? E cosa dovrei fare? Entrare in catalessi con un bel rivoletto di bava che rotola giù ad un lato della bocca! Tzè, non pensare troppo! A me?!
Ecco, ecco che ricomincio ad incazzarmi. Sta calma. In fondo è solo preoccupata per te. Perché devi sempre diventare così isterica quando pensi a Qualcuno? Perché dare ragione a chi dice che una donna senza un uomo a fianco è una povera derelitta? Su, respira. Ricordati che sennò ti peggiora la gastrite. E stasera hai pure mangiato pesante. Ecco. Punto. Finito il momento romantico. La serata è chiusa. Stanotte non andrò a dormire. Lo sapevo. A diciott’anni ancora impegolata in queste manfrine. Che vergogna. Ancora con la bua al pancino per un pasticcino di troppo. Sono peggio di un neonato…
 
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