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Sopravvivere, Tutto ebbe inizio con un furto...

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Caos_89
view post Posted on 17/6/2009, 21:28




Autore/Autrice : Caos_89
Titolo : Sopravvivere
Raiting : Giallo/Arancione (anche se prevalentemente giallo)
Personaggi : Fratelli Morgano, Inge Turner
Genere : Romantico, comico, triste (un mix, per intenderci! xD)
Avvertimenti : //
Capitoli : LongFic
Stato : In corso


Ok, questa è una storia che scrissi qualche tempo fa, ma che ancora non ho concluso. Presenta qualcosa come una decina - forse poco più - di capitoli. Era nata come Fan Fiction, ma ho deciso di farla passare come un'originale, per questo ci vuole ancora un po' di tempo per riadattare certe caratteristiche e dichiararla completa.

I protagonisti sono sostanzialmente due, ma più in generale direi che sono un gruppo di amici: i fratelli Morgan - delle star del cinema -, due loro amici - che li seguono un po' ovunque - e qualche personaggio dell'equipe, come il manager e il bodyguard.
Inoltre, presto entrerà in scena anche un'altra figura, che diventerà uno dei personaggi principali.

Spero che questo mio lavoro vi possa piacere. E' portato avanti cercando di alternare dei momenti di serietà ad altri comici, in modo che la lettura non risulti troppo pesante.^^

Buona Lettura!


Sopravvivere



SPOILER (click to view)

image



Another Second Time Around - Parte 1


“Furto in casa Morgan.” Annunciò la bionda giornalista in primo piano sul grande schermo al plasma. “Non abbiamo prove sufficienti per poter dare un nome al responsabile, ma per ora i proprietari hanno denunciato la scomparsa di soldi, gioielli e l’ultimo premio degli MTV Movie Awards che i ragazzi avevano vinto. È parso strano alla polizia, che molte altre cose di valore non siano state nemmeno -”

Il televisore venne spento improvvisamente ed otto paia di occhi si girarono verso l’uomo che stava compostamente seduto sul divano con il telecomando in mano.

“Perché hai spento?” si lamentò una voce, cercando di mantenere un tono abbastanza serio, in modo da non suscitare ulteriori ire della sua amica, che – versandogli un bicchiere colmo di coca-cola sui corti capelli castani – gli aveva già espresso elegantemente il suo dissenso per ciò che aveva già deriso.

“Perché ti ostini a chiedere una macedonia in testa?” rispose un’esile ragazza seduta sull’altra estremità del divano con le gambe incrociate, agitando una bottiglietta di succo di frutta.

“Lo facevo per sapere se avevano notizie dei tuoi gioielli.” E soffio una risata. Subito, un ragazzo dai capelli biondi diede una sonora gomitata contro costole dell’altro, facendogli trasformare la risata in colpi di tosse. “E tu, Rachel, calmati” la ammonì, minacciandola con l’indice. Lei sbuffò rumorosamente, scuotendo la sua lunga chioma mora sul viso del fratello – seduto vicino a lei – che starnutì per un ciuffo di capelli che gli aveva solleticato il naso.

“Andrew! Sei un cretino! Mi hai sputato tra i capelli!” urlò isterica Rachel.

“Colpa tua che li vuoi tenere sciolti! Cosa cambiava se oggi te li legavi?” berciò lui a sua volta.

“Molto! Sarebbe come chiedere a te di tenere il tuo coso nelle mutande invece che altrove!” gridò al fratello, ricordandogli di due sere fa, quando lo aveva trovato in atteggiamenti piuttosto intimi con una sconosciuta ragazza sul divano della loro immensa casa.

“Almeno io lo uso!” ribatté Andrew, ricordando a tutti i presenti la sua fama di Casanova che più volte l’aveva portato a comparire su riviste scandalistiche per le sue notti di passione trascorse con le sue fans. L’accusa della sorella non lo aveva nemmeno toccato, ma il suo tono superiore l’aveva colpito in pieno. “Servirebbe anche a te del movimento, ogni tanto. Perché non chiedi a Thomas?” Decretò con un mezzo sorriso strafottente, alludendo al ragazzo che da poco Rachel stava frequentando.

“BASTA!” urlò l’uomo, rintronando Andrew, che era accanto a lui, e impedendo alla ragazza di poter controbattere. “Perché diavolo non volete capire che la situazione è seria? Non è né il momento, né il luogo per iniziare a lanciarvi insulti! Potete fare la coppia in crisi quando sarete tornati a casa vostra! Ora fate silenzio!” e si portò una mano alla fronte. “È colpa vostra se ho questo mal di testa.” Aggiunse serrando gli occhi. “Portami un antidolorifico ed un tranquillizzante” ordinò poi all’assistente sulla porta.

“Il tranquillizzante lo vuole anche Andrew!” fece Rachel, rispondendo decisa all’offesa che suo fratello le aveva fatto subire.

“Lei, invece, chiede un po’ di viagra per il suo uomo!” rise Andrew, alzandosi di scatto dal divano e iniziando a correre per la stanza, inseguito da una Rachel incazzata e pronta ad incenerirlo con gli occhi, oltre che a strozzarlo.

“Legateli. E dopo portatemi doppia dose di ciò che ho chiesto.” Sospirò Richard, scivolando scomposto sul divano. “L’intervista di oggi sarà un completo disastro, me lo sento.” E iniziò a massaggiarsi le tempie, come se quel gesto potesse farlo riprendere dall’esaurimento nervoso.

Edited by Caos_89 - 22/8/2010, 16:46
 
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*Moonlight*
view post Posted on 18/6/2009, 13:08




Uuh, carina .-.
Mi piace il tuo stile, è semplice e scorrevole, non mi ha annoiato .-.
Posso dire poco della trama .-. aspetterò qualche altro capitolo per giudicare anche quella .-.
 
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Caos_89
view post Posted on 29/6/2009, 16:23




Another Second Time Around - Parte 2


Era una settimana che andavano avanti così. Non era più possibile.

Sì, c’era stato un furto in casa loro. E allora? Cosa gliene fregava alla stampa di sapere l’ammontare dei soldi rubati?

Saranno cazzi nostri?, pensava Andrew.

Ma la cosa che lo preoccupava maggiormente era il non essere ancora riuscito a capire l’importanza della domanda: perché il cassetto dei tuoi boxer era in un tale disordine?, che più volte gli era stata posta.

Rachel aveva risposto con la sua insormontabile diplomazia in certe questioni – perché cercavano cose di valore alla cieca –, precedendo il fratello, il quale aveva per la testa un’unica risposta, per niente conforme a ciò che Richard, il loro manager, gli aveva imposto di fare e dire.

Ma molte altre furono le domande a cui persino la ragazza, inizialmente, si dimostrava esitante nel rispondere, sia a causa dell’insensatezza che dell’ovvietà. Cosa doveva rispondere, quando gli chiedevano quali fossero – secondo lei – i volti dei rapinatori? E quando domandavano il perché, chiunque avesse rubato, avesse scelto casa loro?

Andrew, se avesse potuto, avrebbe risposto sempre alla stessa maniera, senza farsi troppi problemi. Ma visto che Rachel sapeva già cosa avrebbe potuto dire, ogni volta che con la coda dell’occhio vedeva la bocca di suo fratello iniziare a muoversi, il suo cervello elaborava istantaneamente una qualunque risposta per i giornalisti.

Il susseguirsi di queste folli interviste – in cui l’infinita logorrea dell’attrice aveva trasformato l’accaduto in un copione da film – furono la causa della stanchezza che aveva segnato profonde occhiaie intorno agli occhi dei due fratelli. Occhiaie così scure che Rachel avrebbe potuto lasciare perdere la matita nera intorno agli occhi per qualche tempo, e darsi ad un viola naturale.

Per questo motivo, i Morgan lottarono ad ogni intervallo tra un’intervista e l’altra per riuscire ad ottenere almeno un paio di giorni di riposo, che Richard concesse con adeguate minacce, se non si fossero ripresentati in forma allo scadere del tempo a loro concesso.

Ovviamente i due, pur di stare un giorno intero a poltrire sui loro letti, avrebbero accettato questo ed altro.

***




“Rachel!” la chiamò Andrew da dietro la porta della sua stanza.

Un sonoro mugolio giunse alle orecchie del moro, confermandogli che l’aveva svegliata.

“Ma stai ancora dormendo?” esclamò colto alla sprovvista. Va bene che sua sorella dormiva oltre la media – come lui del resto –, ma erano quasi venti ore di fila che non usciva dalla sua stanza! “Comunque, io esco con Jack e David. Vieni anche tu?”

Lei non rispose.

“Rachel!” la chiamò ancora, battendo una mano contro la porta. “Ma mi senti?”

“Avrei preferito di no…” farfugliò una voce impastata dal sonno, dall’altra parte della porta.

“Ascolta, io ora esco.” Ripeté lui, aggiustandosi il cappello di lana in testa.

“L’hai già detto…”

“E allora, se hai sentito, perché non mi hai risposto?”

Un altro mormorio che sembrava un tentativo di sbuffare fece capire a Andrew che sua sorella non aveva ancora collegato del tutto il cervello, quindi sarebbe stato meglio non chiederle cose troppo complicate.

“Vabbè, io vado… e – tranquilla – gliela porto io un po’ di quella roba a Thomas. Ci vediamo domani mattina.” E proseguì per il corridoio fino alle scale. Poi sentì una porta aprirsi, si girò e vi trovò affacciata una persona che ebbe serie difficoltà a riconoscere come Rachel. Aveva i lunghi capelli neri arruffati, sotto ai quali poté notare i suoi stessi occhi azzurri, ma ancora contornati dalla matita che non aveva tolto la sera prima per la stanchezza, e che ovviamente era arrivata fino alle guance.

“Alla buon’ora!” la salutò Andrew.

Rachel alzò con eleganza e raffinatezza un certo dito, salutando a sua volta il fratello con quel gesto non del tutto nobile.

“A cosa lo devo?” chiese sarcastico.

“Mi hai svegliata.” E lo guardò torvo.

“Volevi entrare nel guinness dei primati come la persona che è riuscita ad entrare in letargo?”

“No, volevo solo dormire. Ma sembra che tu voglia raggiungere il primato come rompicoglioni.”

“Oggi sei simpatica quanto un dito nel -”

“Andrew! Vaffanculo!” sbraitò, prima di richiudere violentemente la porta dietro di sé.

Il ragazzo scese le scale, piuttosto interdetto.

Mah… Forse ha le sue cose…

_______________

Seconda parte del primo capitolo!^^
 
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Caos_89
view post Posted on 7/8/2009, 15:40




Another Second Time Around - Parte 3


La cosa che poteva ripagare Rachel più di ogni altra cosa, in quel momento, era non fare niente tutto il giorno. Dopo che Andrew le aveva dato il buongiorno – alle otto di sera – non era più riuscita a chiudere occhio. Era, quindi, scesa in cucina a prendere qualcosa da mangiare (ovviamente non cose troppo sofisticate da preparare. Le bastavano gli avanzi della pizza del giorno prima, che riscaldò – non senza problemi – nel microonde), e tornò con il piatto in camera sua. Mangiò, guardando un film, ma poi la stanchezza si impossessò di nuovo di lei, e cadde ancora una volta nelle ormai note braccia di Morfeo.

Improvvisamente, un tonfo sordo, proveniente da fuori, la riportò alla realtà, facendola scattare a sedere. Sbuffò e prese nota mentale di ripagare Andrew con la stessa moneta. Com’era possibile che suo fratello fosse un perfetto esemplare di inciviltà?

Erano solo le…

Si girò verso la sveglia sul comodino.

… le due e mezza! Certe volte le sembrava di vivere con una persona cresciuta nella foresta Amazzonica!

No, rifletté un attimo. Un selvaggio sarebbe molto più educato di Andrew…

Poi, un altro rumore, come se qualcuno cercasse di entrare ma non avesse le chiavi.

No, Andrew non avrebbe avuto problemi a svegliarla, attaccandosi a peso morto al campanello, pensò Rachel, iniziando a sentire dei brividi di paura lungo la schiena.

Una porta si aprì. Sembrava proprio quella d’ingresso.

Rachel, con le orecchie pronte a cogliere ogni altro minimo rumore, scese dal letto e si avvicinò alla porta. Forse Andrew aveva ritrovato le chiavi all’interno delle tasche senza fondo dei suoi pantaloni.

Passò, poi, qualche attimo di silenzio.

Strano, però. Di solito suo fratello, ovviamente facendo tanta confusione quanto le sue energie potessero permettergli, si trascinava stancamente verso camera sua. Questa volta, invece, sembrava piuttosto silenzioso.

Ma ancora più strano: non era ancora andato ad avvisarla del suo ritorno. Ogni volta che rientrava di notte, infatti, prima di andare nella propria stanza, Andrew passava da quella della sorella e batteva una mano sulla sua porta un paio di volte. Ormai quello era un gesto che faceva in automatico da anni!

La mora iniziò a preoccuparsi così tanto che le mani avevano iniziato a sudarle.

Poi, chiuse gli occhi e sospirò. Sarebbe andata a vedere cosa era successo. Dopotutto, se non era Andrew chi mai doveva essere? Ladri? No. Lo escludeva a priori, visto che aveva già avuto una loro visita la scorsa settimana. Non potevano tornare nel solito luogo! Erano come i fulmini! Mai due volte nello stesso punto.

Forse.

Girò lentamente la maniglia della porta ed uscì, camminando altrettanto lentamente ed in punta dei piedi, rischiando più volte di perdere l’equilibrio e cadere. Scese le scale, sperando che il terzo scalino non cigolasse come al suo solito, cosa che fortunatamente non fece, e si accostò allo sgabuzzino. Aprì la porta con delicatezza ed afferrò la prima cosa che riuscì a trovare – una scopa – per poi impugnarla come arma per un’eventuale invasione.

Cercò di avvertire qualche altro rumore che le permettesse di individuare l’ospite, ma niente. Sembrava che si fosse volatilizzato.

Bè, meglio così…

Non fece in tempo a rilassare i muscoli che aveva teso ed a sospirare, che sentì come se qualcosa sbattesse contro un mobile. E il “cazzo!” che seguì quel colpo, fu la prova evidente che qualcuno era sul serio entrato in casa. E la voce non era quella di Andrew. Assolutamente. A meno che non avesse fatto un’operazione alle corde vocali, per renderla più femminile, quella voce apparteneva sul serio ad una donna.

Che suo fratello se ne fosse portata una a casa? Era forse impazzito? Cioè… ulteriormente? Come gli era passato per quella sua testa di portare una ragazza a casa loro? Anche se per la finezza con la quale si era espressa era proprio adatta a lui, era severamente vietato portare fans in casa!

Ma era inutile dirglielo, visto che lo faceva in continuazione, nonostante la regola…

Però, non sentiva altri ‘rumori’ che caratterizzavano quei momenti. Quindi, che non fosse Andrew?

Allora era proprio un ladro! O meglio, una ladra!

Ma non le importava del sesso, fosse stato anche un trans, ora lei sarebbe entrata dentro quella stanza e le avrebbe fatto cambiare idea sulle sue intenzioni.

Si avvicinò, per niente sicura di ciò che avrebbe potuto fare una volta che si fosse trovata davanti a lei. E se fosse stata armata? Rachel impallidì a quel pensiero, immobilizzandosi proprio davanti alla porta della porta dello studio. C’era la possibilità di fare una brutta fine e lei stava andando incontro a questa possibilità quasi a braccia aperte.

Forse, se fosse rimasta rintanata in camera sua sarebbe stato meglio. Però, poteva sempre provare a tornarci, no?

Non ebbe il tempo di riuscire a trovare una risposta a ciascuna delle paranoiche domande che le stavano affollando la testa, che la porta dello studio cigolò e si aprì.

Il primo pensiero di Rachel fu l’essere stata fortunata a non averla aperta lei, perché se così fosse stato, sarebbe stata scoperta grazie a quel fastidioso stridìo. Ma subito dopo impallidì per la seconda volta. Stava per trovarsi faccia a faccia con un ladro! Anche se era femmina…

C’era solo la luce della luna che trapelava dalle persiane semichiuse dello studio e della sala alle sue spalle ad illuminare le due persone e proprio quando Rachel fu certa di vedere quella donna uscire dalla stanza, alzò la scopa e colpì l’intrusa.

Doveva averla sul serio colta alla sprovvista, perché questa cadde a terra, battendo la testa contro la porta dello studio.

Una piccola parte di Rachel, subito si sentì in colpa per aver dovuto colpire una persona, ma dopotutto…

O lei o me…

Si avvicinò impercettibilmente alla ladra, che era stesa a terra. Aveva le mani vuote, coperte solo da un paio di guanti neri che nascondevano solo il dorso e il palmo.

Rachel sospirò. Era disarmata.

Subito corse ad accendere la luce per illuminare un po’ di più l’ingresso, per poi tornare dalla sua vittima.

Appunto. Vittima.

La ragazza iniziò a preoccuparsi vedendo che la ladra – che a guardarla meglio non poteva che avere una ventina d’anni – non si rialzava. Che l’avesse uccisa? Ma non c’era andata troppo forte!

Ma forse, non era del tutto morta… già, poteva essere solo svenuta. O forse era in coma!

La mora sbiancò ancora una volta. L’avrebbero arrestata e portata in prigione per ciò che aveva fatto!

Però, era legittima difesa! Ma si poteva parlare di legittima difesa, se l’aggressore era disarmato e non aveva aggredito proprio nessuno?

Non credo…

Ma era una ladra! Qualcosa avrebbe pur dovuto valere questo!

Fece due passi verso la ragazza, si accucciò vicino a lei e le posò una mano sulla spalla, scuotendola leggermente.

“Oh, non sei morta, vero?” sussurrò timorosa.

Lei non rispose e Rachel si sentì in dovere di fare qualcos’altro per risvegliarla. Iniziò, quindi a schiaffeggiarla lievemente sulla guancia con la mano libera dalla scopa.

La ladra strizzò gli occhi ed emise un flebile lamento.

Era viva! Rachel si sentì sollevata da un intero mondo che stava pensando sulla sua testa. Non sarebbe stata incriminata come assassina.

“Ehi, svegliati! Forza!” picchiettò ancora un po’ sul suo viso.

La ragazza si mosse e si mise seduta, portandosi una mano alla testa, proprio dove Rachel l’aveva colpita.

“Come stai?” le chiese la mora, piegando la testa di lato, seriamente preoccupata, ma più che per lei, per se stessa.

“Ma cosa -” mormorò la ladra per poi fermarsi, aprire gli occhi e realizzare l'accaduto. “Oh cazzo…”

Rachel la guardò, leggermente allarmata dal suo risveglio. Ok. Aveva appurato che non era morta e che non era in coma. Ma ora?

La ladra, intanto, nel tentativo di capire meglio cosa le fosse successo, fece scorrere gli occhi per tutto l’ingresso, per poi farli posare sulla scopa che la giovane teneva ancora in mano.

“Tu!” ed indicò Rachel con tono accusatorio. “Tu! Ma che cazzo hai fatto?” sbottò lei, indicando, ora, la scopa.

“Che cazzo hai fatto tu! Questa è casa mia!” eruppe Rachel a sua volta.

La ragazza sembrò trattenere il fiato per qualche attimo ed improvvisamente si alzò, iniziando a correre verso le scale.

Rachel, per niente pronta ad una cosa del genere, rimase immobile a guardarla scappare senza capire.

Ed una volta che il suo cervello ebbe dato la notizia a tutto il suo corpo di muoversi, corse dietro alla fuggiasca.

Merda! Non puoi farla franca!

Quando, dopo aver salito tutta la rampa di scale, si rese conto di averla persa di vista, non poté far altro che provare ad entrare in una delle tante stanze che riempivano il piano superiore della casa, sperando che fosse quella in cui la ladra si era nascosta.

Aprì, quindi, la porta già socchiusa della prima stanza – la camera degli ospiti – ed entrò. Là dentro non c’era nessuno.

Forse sotto il letto… Si accovacciò ed alzò le coperte del letto, per infilarci sotto la testa.

Niente. Solo polvere. Prima o poi avrebbe dovuto pulire.

Proprio in quel momento, sentì la porta dietro di sé chiudersi di colpo, al quale lei trasalì e batté la testa contro il letto.

Porca…

Subito si alzò, massaggiandosi la testa e catapultandosi nel corridoio, per poi scendere le scale correndo scompostamente a causa dell’agitazione. E proprio per questo, il manico della scopa, che ancora teneva in mano, si impuntò davanti alle sue gambe, facendola inciampare e cadere per le scale.

Urlò per tutta la caduta, serrando gli occhi e portandosi le mani davanti agli occhi, finché non andò a sbattere contro qualcosa. O qualcuno. La ladra venne travolta nella caduta libera della mora e con lei scivolò gli ultimi gradini.

Quando finalmente si fermarono – con somma gioia di entrambi – Rachel scese da sopra di lei, per farla rialzare, ma non senza prenderla per un braccio, in modo da evitarle ogni altro tentativo di fuga, che già le era costato un bernoccolo in testa.

“Tranquilla, dolcezza. Non scappo.” Sbuffò la ladra.

Rachel la guardò torva. Possibile che tutto a lei doveva succedere? Non solo una rapina in casa sua una settimana prima, ma anche una seconda! E per giunta lei si era data anche alla cattura del ladro! Cioè… ladra.

La ragazza imitò il suo sguardo torvo, aggiungendo a questo una scansione su di lei tale da innervosirla. Di fatto, anche Rachel si soffermò, poi, sul proprio abbigliamento. Effettivamente, poteva mettersi qualcosa addosso.

Indossava i suoi stretti pantaloncini neri e una maglietta arancione sopra. Non era proprio il massimo dell’eleganza. Dopo questa constatazione, però, si mise ad analizzare la ragazza.

A parte i due occhi che erano diventati due fessure, che guardarle per troppo tempo implicava un’immediata morte, aveva un viso dai fini lineamenti, con qualche lentiggine qua e là. Le labbra non erano particolarmente carnose, ma belle rosee. Il piccolo naso, leggermente all’insù, le dava quell’aria sbarazzina degna di una giovane ragazza.

Non azzardò guardare il colore degli occhi per paura di rimanere fulminata dal suo sguardo, e quindi si spostò ad osservare i capelli che contornavano il suo viso. Poteva capire che erano mossi da quei due ciuffi leggermente più corti che le scendevano morbidi ai lati del volto, mentre gli altri li teneva legati in una lunga coda. Ma quello che la meravigliò maggiormente fu il colore. Erano rossi. Ma non rossi rossi. Erano più un rosso ramato.

Possibile che una ragazza come lei, dall’aspetto anche carino, potesse essere una ladra? Bè, stava per rubare in casa sua, quindi era possibile. Molto possibile.

“Hai finito di fissarmi?” domandò seria lei. “Vuoi anche che mi spogli?”

“Cosa?” farfugliò Rachel, riprendendosi dall’analisi, forse troppo minuziosa.

“Mi stavi fissando. Odio essere fissata.” Spiegò a tono duro e minaccioso.

“Ah…” fece la mora, intimorita dalla sua voce. Carina sì, ma pericolosa.

Poi, Rachel si alzò, tirandola per il braccio per portarsela dietro. L’avrebbe rinchiusa in una delle camere e avrebbe chiamato la polizia. Dopotutto, lei stava per rubare in casa sua! E anche se era giovane, carina – e pericolosa – era pur sempre una criminale.

La ragazza obbedì, ma proprio mentre stava cercando di stabilire un equilibrio sulle proprie gambe, doloranti per la caduta, la caviglia le cedette, facendola accasciare per terra.

“Oh! Che ti prende ora?” chiese preoccupata la mora, chinandosi accanto a lei.

“Oh! Ma saranno cazzi miei?” le rispose finemente.

Rachel sbuffò. E dire che stava cercando di essere gentile con lei.

“Hai bisogno di aiuto?” si sforzò di chiederle ancora una volta.

Lei roteò gli occhi. “Bè, se vuoi che io ti segua, sì…”

“Ti fa male la caviglia?”

“No, il dito…” fece scocciata la ragazza.

La mora alzò un sopracciglio.

La ladra sospirò. “Se sono cascata, secondo te è perché mi sente un dito?”

Giusto.

Rachel le passò un braccio intorno alla vita e l’aiutò ad alzarsi, per poi darle sostegno mentre saliva le scale.

Le venne, poi, da chiederle perché non si stava più ribellando. In fondo, per una semplice slogatura avrebbe potuto cercare di fuggire di nuovo, non era niente di così grave – anche se lei per prima si sarebbe data malata terminale e sarebbe stata a letto tutto il giorno.

Tradusse quel suo pensiero a parole.

“Perché in carcere almeno mi danno da mangiare…” rispose lei e soffiò una risata malinconica.

“Ah, capsico”

Poteva allora farsi catturare subito, no?

Rachel l’accompagnò sul letto della stanza degli ospiti, esattamente quella dove prima lei aveva provato rinchiuderla, e si assicurò che la finestra non fosse aperta – anche se dal primo piano sarebbe stato un po’ difficile scappare. Poi uscì dalla stanza, chiudendola a chiave e portando la chiave con sé.

Andò in camera sua per recuperare il cellulare. Avrebbe chiamato Robert, la guardia del corpo personale di lei e suo fratello, in modo da sapere precisamente cosa fare con quella ragazza…

Metti che lui la voglia portare via da qui per evitare che si venga a sapere di un altro tentativo di furto…

… e poi anche Andrew. Anche lui viveva in quella casa e quindi era più che giusto avvertirlo che c’era una ladra nella camera degli ospiti.

Ma proprio quando Rachel finì di cercare il numero di Robert nella sua rubrica digitale, suo fratello si attaccò a peso morto – degno di lui – al campanello della casa.

Quando si dice tempismo…

Buttò il cellulare sul letto e corse ad aprire al fratello, altrimenti la sua testa sarebbe esplosa per colpa di quell’assordante ronzio.

“Porca miseria, Andrew! Ma le chiavi mai, eh!” sbottò Rachel.

“Tanto ci sei tu che mi vieni ad aprire.” E alzò le spalle entrando.

“Ci credo! Mi assordi con il campanello!” e sbatté la porta.

“A me non dà mica fastidio.” Fece completamente rilassato lui, togliendosi il giacchetto e buttandolo sulla spalliera del divano.

“A me sì! E anche il tuo giacchetto!” e la indicò con un dito smaltato di rosso acceso, per poi indirizzare il dito all’attaccapanni, completamente occupato solo dai giacchetti di Rachel.

Andrew biascicò un “che palle” e andò a metterlo sull’attaccapanni.

“Sta sicuro che lo troverò il modo di lasciarti fuori almeno per una notte intera, senza che tu debba torturare le mie potere orecchie e la mia testa!”

“Fammi un fischio quando l’hai trovato.” Rise Andrew, attraversando l’ampio ingresso, per poi fermarsi nel centro. “E quello?” e diresse lo sguardo verso un borsone nero ai piedi della porta dello studio.

“Deve essere il suo borsone…” pensò Rachel ad alta voce, avvicinandosi alla porta.

Suo?” alzò un sopracciglio Andrew, incrociando le braccia al petto.

“Sì, c’è un’ospite -” iniziò a spiegare Rachel, gesticolando come al suo solito.

“Come come come?” fece il fratello, fraintendendo. “Tu che mi fai tutte le volte due palle così…” e mimò la grandezza – l’esagerazione non è mai troppa! “… perché non devo portare ragazze in questa casa, proprio tu!, ne hai portato uno qua dentro?” e schioccò la lingua. “Mi deludi, Rachel.” E soffiò una mezza risata.

La sorella, già abbastanza irritata per la serata vissuta, arrivò al limite. Prese un cuscino dal divano e lo tirò a Andrew, che ovviamente lo evitò ridendo.

“Prima che tu mi interrompessi…” disse, calcando parola per parola. “… stavo dicendo che stanotte è entrato un ladro in casa. Il ladro in questione è una ragazza che sta rinchiusa nella stanza degli ospiti di sopra…”

“Ci si è rinchiusa lei per scappare da te?” chiese scettico Andrew.

“Vaffanculo!” rispose Rachel, per niente intenzionata a reggere le battutine provocanti di suo fratello in un momento come quello. “Ce l’ho messa io!”

“Hai catturato un ladro?” si meravigliò, forse con troppo entusiasmo il moro, per niente convincente.
“Diciamo di sì…” tossì lei. “Comunque, ora chiamo Robert e chiedo che devo fare.”

Ma Andrew non la stava già più ascoltando. Si era avvicinato alla borsa e, dopo essersi seduto per terra, si era messo ad analizzarla. Poi la aprì e ne rovesciò rumorosamente il contenuto sul pavimento.

Quando Rachel si accorse degli occhi pericolosamente sgranati di suo fratello, si avvicinò a lui per capirne la causa.

Sul pavimento dell’ingresso, oltre ad un Andrew in coma, c’era il primo premio che vinsero agli MTV Movie Awards.

“Non mi dire…” riacquistò la parola Andrew. “… che questa ladruncola voleva rubare il nostro premio!” ringhiò.

“Bè, se era nella sua borsa non credo che lo volesse solo portare a spasso.” Rispose con una punta di sarcasmo, sapendo bene quanto suo fratello tenesse a quel loro primo premio.

“È morta.” Decretò lui, prendendo il premio, riportandolo nello studio e correndo a velocità impressionante verso la stanza della criminale.

“Ehi, Andy! Aspetta!” cercò di fermarlo invano. L’unica cosa da fare era raggiungerlo.

Già a metà scala, Rachel poté sentire i colpi di suo fratello sulla porta. “Apri!”

“Non voglio essere incriminata come complice di omicidio! Perché non mi lasci chiamare Bob e poi, con calma, ne parliamo?” disse la mora, una volta raggiunto Andrew.

“Apri questa porta. Ora!” Rachel, leggermente intimorita dalle parole del fratello, non se lo fece ripetere due volte, anche perché molto probabilmente la seconda non ci sarebbe nemmeno stata e Andrew avrebbe potuto iniziare a prendere la porta a spallate per buttarla giù.

Rachel inserì la chiave nella serratura, che scattò e la porta si aprì, rivelando una ragazza seduta educatamente su un lato del letto che osservava i due fratelli. “Voi il silenzio proprio non sapete dove sta di casa, eh?” commentò lei.

“Tu!” la indicò Andrew ruggendo.

“Io!” si indicò la ragazza con lo stesso tono incazzato del moro.

“E non farmi il verso!” sbottò stizzito.

“Mica ti faccio il verso!” replicò anche lei stizzita.

“Andrew, questa è alla tua altezza in quanto rompicoglioni…” constatò Rachel, portandosi un dito sotto il mento e spostando il suo peso sulla gamba sinistra.

Andrew sospirò, come se stesse cercando di riacquistare il controllo di se stesso. “Hai cercato di rubare in casa nostra!” la accusò, poi.

Lei assunse un’espressione pensierosa, aggrottò la fronte e con aria seria rispose. “Sì!”

“E lo confessi pure?” intervenne Rachel incredula.

“Posso negare?” alzò le spalle.

In effetti, non era possibile negare.

“Come hai fatto ad entrare in casa?” domandò Andrew, come se fosse sotto interrogatorio.

“Quando? La prima o la seconda volta?” chiese con tono innocente.

Il ragazzo ebbe la sensazione che la sua mandibola avesse toccato terra. “Cosa? Sei stata tu a rubare una settimana fa?”

Lei annuì.

Rachel sgranò gli occhi incredula.

Ok. I giornalisti volevano sapere come se lo sarebbe aspettato il volto del rapinatore? Bè, tutto il contrario di lei.

“Ad ogni modo, la prima volta ho trovato il cancello sul retro aperto e non c’era l’allarme. Oggi ho scavalcato il muro che circonda la casa e sono stata fortunata a non trovare di nuovo l’allarme.”

“Colpa dei giornalisti che avevano assediato il cancello principale! Poi, nella fretta, ci siamo dimenticati pure di inserire quel coso.” farfugliò Andrew, riconoscendo che era colpa sia sua che di sua sorella se tutto questo era successo, ma cercando lo stesso di salvare la faccia a tutti e due.

“Andrew! È colpa tua!” capì al volo l’altra.

“Perché mia?” obbiettò stizzito il ragazzo.

“Chi è uscito per ultimo da dietro una settimana fa? Se non avessimo lasciato il cancello aperto non ci sarebbe stato nemmeno il secondo!” gli ricordò la mora, guardandolo con aria superiore.

“Primo: non c’è ancora stato il secondo furto. Secondo: ma chi se lo ricorda chi è uscito per ultimo! Ed anche se fosse colpa mia, sei tu che sei uscita senza dirmi niente! Terzo: la seconda volta, potevi inserire l’allarme!” si difese, per poi lanciarle un’occhiata inteneritrice.

“Ma ero in casa! Mica mi aspettavo certe visite!” ed indicò la ragazza, che assisteva alla scena del tutto falsamente coinvolta. “Vabbè, l’importante è che ti abbia preso…” sospirò Rachel, sempre rivolta a lei, contenta, in un certo senso, che la nottata fosse finita in quel modo.

“Ti correggo, mi sei caduto addosso…” puntualizzò la ladra.

“Comunque ora sei qui, quindi non importa più come ci sei arrivata.”

“E di certo non ci resterai per molto!” concluse Andrew.

“Ne puoi stare certo. Ti immagini vivere con due perfetti idioti?” lo sfidò la ragazza.

“Oh, tu! Chi ti credi di essere?” e Andrew le si avvicinò minacciosamente.

“Inge.” Rispose semplicemente.

“Come?” alzò un sopracciglio il moro.

“Chi mi credo di essere. Inge. È il mio nome.” Sorrise beffarda.

Il ragazzo iniziò a stuzzicarsi le labbra con la lingua. Le cause di quel gesto potevano essere due: o stava cercando di sedurla, o era al limite della pazienza. E visto che aveva pure stretto le mani a pugno e che dalle sue orecchie era quasi possibile veder fuoriuscire del fumo, il secondo era il motivo più evidente.

“Vado a chiamare Robert.” Annunciò Rachel, uscendo dalla stanza per tornare in camera sua a prendere il cellulare.

“Non sei granché come ladra.” Disse Andrew, allentando la tensione sulle proprie mani e incrociando le braccia al petto. Voleva riprendersi la rivincita. E quale sarebbe stata la mossa migliore, se non quella di farla sentire un’incapace?

“Ma so fare molte altre cose.” Gli sussurrò maliziosa, ribaltando i tentativi del ragazzo.

“Ah sì?” Andrew accettò la sfida, avvicinandosi maggiormente a lei.

“Vuoi vedere?” e si sporse leggermente dal letto verso il suo viso.

Poteva lui, Andrew Morgan, tirarsi indietro? No, mai. Doveva farle vedere chi comanda! E in quella casa, in quel momento e per certe cose, il padrone indiscusso era proprio lui. E tra poco lei l’avrebbe capito.

Il ragazzo la guardò. Le sue labbra erano ancora piegate in quel sorrisetto malizioso e beffardo, così come i suoi occhi. Spostò il suo sguardo fugacemente anche al resto del corpo. Era discreta. Molto discreta.

Lei si inumidì le labbra con la lingua, provocandolo maggiormente.

Ingenua, pensò Andrew, avvicinandosi a lei e posandole una mano sotto il mento. Credi forse che tu possa vincere questa sfida?

Quando le loro labbra furono alla distanza di un soffio, lui chiuse gli occhi. Ma Inge si allontanò e con un’adeguata ed esperta preparazione, gli sputò sul viso.

Andrew rimase immobile per qualche secondo, senza aprire gli occhi. Lei non disse più niente, rimanendo ferma sul letto con un sorriso strafottente sulle labbra, mentre lui, cercando di respirare profondamente per non fare esaurire le ultime briciole della sua pazienza, con la mano si pulì l’occhio destro dalla saliva della ragazza, che aveva preso a scendere anche lungo la guancia.

Poi si rialzò in tutta la sua altezza. Sospirò un’ultima volta e aprì gli occhi.

“Rachel. O chiami Robert. O io la uccido.”

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Ed ecco che il vero capitolo è giunto al termine! xD
Piaciuto? A me tantissimo! Anche perchè sennò non l'avrei scritto! :P
 
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Caos_89
view post Posted on 12/8/2009, 10:06




The Sorrow Beyond A Pretty Face - Parte 1


“Sembra che casa Morgan abbia aperto le porte a tutti i ladri della città. Infatti, proprio ieri, è avvenuto un altro furto -”

La televisione venne spenta come sempre dal manager, che questa volta non si risparmiò di lanciare anche il telecomando contro lo schermo, che miracolosamente non si ruppe.

“Almeno tu poi ancora farlo…” commentò Andrew atono, stravaccandosi sempre di più sul divano, occupando anche il posto in cui un tempo era seduta Rachel, ora intenta ad una frenetica camminata per la stanza.

“Cazzo! Anche l’ironia!” sbottò la mora, agitando pericolosamente una bottiglietta d’acqua vicino a Jack, uno dei due migliori amici, che si allontanò dalla ragazza per evitare un’eventuale doccia, anche se questa volta era rimasto in silenzio tutto il tempo.

“Bè, ci hanno portato via il plasma che tenevamo in sala. A meno che non pianga, mi sembra l’unica cosa da fare.” Rispose Andrew, scalciando pigramente la sua borsa ai suoi piedi.

“Non era riferito a te, idiota – anche se puoi risparmiarti le battute. Ma io dico, ci hanno preso gusto ad entrare in casa nostra? Che ci si cuociano i bulbi oculari davanti a quello schermo!”

“Non credo che se lo tengano, quanto piuttosto che lo vendano.” Lo corresse Richard, alzandosi dal divano e lasciando che Andrew lo occupasse interamente.

“Vaffanculo a tutti, allora!” urlò Rachel, dimostrando un perfetto uso del diaframma.

“Sì, in effetti sembra che lo facciano apposta…” fece David. “Non avete anche detto che l’altra sera avete trovato un ladro in casa vostra?”

Andrew annuì.

“Non è mica una buona cosa! Fortuna che poi Robert è venuto a prenderlo per portarlo in centrale…” disse Jack, mettendo da parte la sua voglia di stuzzicare la ragazza, capendo che se la situazione, se fosse continuata su questa strada, sarebbe diventata sul serio pericolosa.

“Se non fosse venuto Bob, l’avrei uccisa.” Ruggì Andrew, ricordando cosa aveva subìto da quella ragazza.

Uccisa?” alzò un sopracciglio il biondo, sistemandosi in maniera più composta sul divano, e tentando di capire il perché di quel pronome al femminile. “Non mi dirai che -”

“Sì, il ladro era una ragazza.” Concluse Rachel, sospirando.

“E tu cosa ti vanti di essere riuscita a catturarla? Tutti ci sarebbero riusciti!” rise l’amico, dimenticandosi del pericolo Rachel-incazzata-con-bottiglia-in-mano, che si stava minacciosamente avvicinando con sguardo ancora più truce.

“Ma confermo che era proprio un tipino…” Mormorò cupo il moro, incrociando le braccia al petto.

“Comunque sia, era una ladra. Sprovvista non lo era di certo!” intervenne Dave, prendendo prontamente Rachel per le braccia e fermandola prima che potesse bagnare nuovamente i capelli a Jack.

“Ehi!” esclamò improvvisamente Andrew, alzandosi dal divano e guardando i compagni uno per uno, fino ad incontrare gli occhi di sua sorella. “Non è che anche questa volta è stata lei? Dopotutto anche quella prima…”

Rachel parve far scemare le ire per Jack, e appoggiò la bottiglietta sul tavolino davanti al divano, per posare le mani sui fianchi. “Guarda che lei è in carcere. Come potrebbe essere venuta a rubare?” gli fece notare scettica.

“Ma potrebbe essere scappata!” replicò Andrew.

La ragazza ci pensò un po’, per poi farsi convincere dalle sue parole. In fondo era una ladra, e i ladri sanno sempre come scamparla.

Forse.

“Potremmo andare a controllare.” Propose Richard.

“Già…” concordò Rachel.

“Allora ci mando Robert e -” e prese il cellulare dalla tasca della giacca.

“No!” esclamarono all’unisono i due fratelli. “Andiamo anche noi!”

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Prima parte del nuovo capitolo! ^^
 
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Caos_89
view post Posted on 22/8/2010, 15:48




The Sorrow Beyond A Pretty Face - Parte 2


Una ragazza dai capelli rossi, sempre raccolti in una lunga coda, si avvicinò al tavolo dove i due ragazzi stavano seduti, con Bob dietro di loro. Ma c’era qualcosa che stonava in lei. Tipo quel grande e violaceo livido sulla guancia sinistra.

Lei li guardò riducendo i suoi occhi a due fessure e si sedette di fronte ai due.

“Cosa ti sei fatta?” chiese Rachel, indicandosi la corrispettiva guancia.

“Cazzi miei.” Rispose secca, appoggiandosi allo schienale della sedia. “Certo che non potete fare a meno di portare quel gorilla con voi, eh?” sussurrò con un sorriso strafottente, lanciando un’occhiata a Robert.

“Tappati quella bocca ed ascoltaci.” La minacciò Andrew, indicandola con l’indice.

Poteva essere anche ricoperta di ematomi, a lui non gli importava. Dopo quello che gli aveva fatto – dopo averlo ferito nell’orgoglio di Uomo-Sesso – lei, per lui, valeva meno di zero.

Inge si portò le mani sulla bocca ed assunse un’espressione spaventata, vagamente somigliante all’urlo di Munch.

“Questa qui continua a prendermi per il culo!” farfugliò altamente stizzito alla sorella.

“Ascolta, cosa hai preso da casa nostra?” chiese senza troppi giri di parole Rachel, non concedendo alcuna attenzione ad Andrew, che incrociò le braccia al petto e sbuffò sonoramente, per poi sentire la risposta della ragazza.

“Solo uno passaggio per il carcere.” Sorrise beffarda, appoggiandosi con i gomiti al tavolino.

“Io la uccido!” gridò il moro, sempre più incazzato. “Ma la senti?”

“Sono entrati ancora una volta dei ladri in casa nostra. Cosa ne sai?” continuò l’interrogatorio Rachel, senza badare alle lamentele del fratello, che a momenti poteva scattare in piedi ed afferrare la ragazza per il collo.

“Se sono qua dentro da tre giorni, come puoi pensare che ne sappia qualcosa?” le rivoltò la domanda lei, continuando a fissare i due con uno sguardo superiore.

Rachel tacque, non sapendo come ribattere alla sua domanda, mentre Andrew continuava ad osservare quella strana ragazza. Era strano vedere qualcuno in possesso della straordinaria capacità di far zittire la famigerata logorroica attrice Rachel Janet Morgan.

La ragazza boccheggiò per qualche secondo, per poi tornare all’attacco.

“Non è possibile che tutti vengano da noi a rubare! Non siamo gli unici in possesso di uno schermo al plasma!” sbottò.

“E io che posso farci?” alzò le spalle Inge, completamente indifferente alla catastrofica situazione dei due fratelli.

“Smettila di fare queste battute! Mi dai sui nervi! Rispondi e basta!” urlò sommessa Rachel, alzandosi e sbattendo una mano sul tavolino di ferro che li divideva.

Subito, la grande mano di Robert la prese per la spalla e la fece sedere di nuovo.

Un uomo, fuori dalla sala dove si trovavano, si affacciò al vetro della porta con aria minacciosa. Al che, la rossa sbuffò.

“Va bene, farò come volete…”

“E ora cosa succederà? I maiali inizieranno a volare?” berciò Andrew sarcastico.

“Ma che cazzo vuoi? Sto cercando di venirvi incontro, quindi vedi di piantarla!” fece lei falsamente irritata.

“Ma…? Guarda che sei tu che hai -” cercò di parlare il moro, non riuscendo nemmeno a terminare la frase, sempre più indignato dalle accuse infondate che gli rivolgeva la ragazza.

“Se avete finito, potrei finalmente capire cosa sai sul perché casa nostra sembra diventata la caverna delle meraviglie per i quaranta ladroni?” intervenne Rachel.

La ragazza sospirò come rassegnata.

“Deve essere stato Mark.” Confessò, fissando le mani unite davanti a lei.

“Mark?” fecero i due ragazzi all’unisono. “E chi è?”

“Diciamo che è mio fratello.”

“Ed ha voluto finire il lavoro che non avevi concluso tu?” chiese Andrew, accantonando la rabbia che nutriva per la ragazza e riversandola su quel tizio, bruciando dalla voglia di mettergli le mani addosso e riprendersi il suo amato televisore con schermo al plasma.

“Più o meno. È lui che ha problemi di debiti. Per questo ruba.” Spiegò lei, mantenendo i suoi occhi sulle proprie mani. Il suo tono suonò diverso. Quasi flebile.

I ragazzi non risposero. Si guardarono un attimo negli occhi, rivelando un identico pensiero, che, poi, Andrew espresse ad alta voce.

“E tu? Perché rubi?” ma non era un tono che l’accusava. Era quasi un tono insolitamente preoccupato, ma pur sempre serio.

Lei iniziò a contorcersi le mani e i ragazzi interpretarono quel suo gesto come puro imbarazzo. Era la prima volta, da quando avevano avuto l’occasione di conoscerla, che lei si dimostrava così vulnerabile.

“Perché mio fratello – quando c’è – è una delle uniche due persone che si prendono cura di me. Cioè… è lui che mi dà cibo e un tetto sopra la testa. Senza di lui io non sopravvivrei.” Mormorò flebilmente.

“Perché non ti cerchi un lavoro, allora?” fece Rachel, anche lei mettendo da parte la sua ira ed addolcendo il suo tono.

“Ho già provato, che credete?” e sorrise malinconica, senza azzardare ad incrociare gli occhi dei due ragazzi. “Ma purtroppo, ogni volta che ne trovo uno, mio fratello approfitta della fiducia che le persone nutrono per me e va a rubare dove lavoro. Di lì a pochi giorni vengo sempre licenziata. Per questo ho smesso di cercare lavori. E mio fratello mi spinge ad aiutarlo nei suoi furti, dicendomi che in questo modo potremmo andare avanti.”

I ragazzi non emisero alcun suono, ma il dubbio che lei li stesse prendendo ancora una volta per il culo, l’avevano entrambi.

“Bè, questo è ciò che mi avete chiesto con anche degli interessi. Se non avete più niente da chiedermi, ora andatevene.” Disse, tornando a fissarli cupa, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta della stanza, dove venne accolta malamente dall’uomo oltre ad essa e ricondotta lungo uno stretto corridoio.

“Allora, andiamo anche noi?” chiese Robert.

I due fratelli annuirono e si alzarono a loro volta in silenzio, incamminandosi, poi, verso l’uscita, seguiti dalla loro fedele guardia del corpo.

Salirono in macchina e partirono per tornare a casa loro.

Quella ragazza era strana. Sembrava che non le piacesse la sua vita.

Mentre lei parlava, i due ragazzi ebbero la sensazione che si vergognasse ad ammettere ciò che era forzata a fare per sopravvivere, e l'espressione che aveva assunto – a metà tra la tristezza e la frustrazione –, li aveva colpiti, facendo nascere in loro una nuova immagine di quella ragazza. Immagine che contrastava molto con la Inge ribelle e pungente che avevano incontrato quella sera a casa loro.

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E dopo secoli, ecco il nuovo capitolo!
 
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Caos_89
view post Posted on 30/8/2010, 21:27




The Sorrow Beyond A Pretty Face - Parte 1


“Sembra che casa Morgan abbia aperto le porte a tutti i ladri della città. Infatti, proprio ieri, è avvenuto un altro furto -”

La televisione venne spenta come sempre dal manager, che questa volta non si risparmiò di lanciare anche il telecomando contro lo schermo, che miracolosamente non si ruppe.

“Almeno tu poi ancora farlo…” commentò Andrew atono, stravaccandosi sempre di più sul divano, occupando anche il posto in cui un tempo era seduta Rachel, ora intenta ad una frenetica camminata per la stanza.

“Cazzo! Anche l’ironia!” sbottò la mora, agitando pericolosamente una bottiglietta d’acqua vicino a Jack, uno dei due migliori amici, che si allontanò dalla ragazza per evitare un’eventuale doccia, anche se questa volta era rimasto in silenzio tutto il tempo.

“Bè, ci hanno portato via il plasma che tenevamo in sala. A meno che non pianga, mi sembra l’unica cosa da fare.” Rispose Andrew, scalciando pigramente la sua borsa ai suoi piedi.

“Non era riferito a te, idiota – anche se puoi risparmiarti le battute. Ma io dico, ci hanno preso gusto ad entrare in casa nostra? Che ci si cuociano i bulbi oculari davanti a quello schermo!”

“Non credo che se lo tengano, quanto piuttosto che lo vendano.” Lo corresse Richard, alzandosi dal divano e lasciando che Andrew lo occupasse interamente.

“Vaffanculo a tutti, allora!” urlò Rachel, dimostrando un perfetto uso del diaframma.

“Sì, in effetti sembra che lo facciano apposta…” fece David. “Non avete anche detto che l’altra sera avete trovato un ladro in casa vostra?”

Andrew annuì.

“Non è mica una buona cosa! Fortuna che poi Robert è venuto a prenderlo per portarlo in centrale…” disse Jack, mettendo da parte la sua voglia di stuzzicare la ragazza, capendo che se la situazione, se fosse continuata su questa strada, sarebbe diventata sul serio pericolosa.

“Se non fosse venuto Bob, l’avrei uccisa.” Ruggì Andrew, ricordando cosa aveva subìto da quella ragazza.

Uccisa?” alzò un sopracciglio il biondo, sistemandosi in maniera più composta sul divano, e tentando di capire il perché di quel pronome al femminile. “Non mi dirai che -”

“Sì, il ladro era una ragazza.” Concluse Rachel, sospirando.

“E tu cosa ti vanti di essere riuscita a catturarla? Tutti ci sarebbero riusciti!” rise l’amico, dimenticandosi del pericolo Rachel-incazzata-con-bottiglia-in-mano, che si stava minacciosamente avvicinando con sguardo ancora più truce.

“Ma confermo che era proprio un tipino…” Mormorò cupo il moro, incrociando le braccia al petto.

“Comunque sia, era una ladra. Sprovvista non lo era di certo!” intervenne Dave, prendendo prontamente Rachel per le braccia e fermandola prima che potesse bagnare nuovamente i capelli a Jack.

“Ehi!” esclamò improvvisamente Andrew, alzandosi dal divano e guardando i compagni uno per uno, fino ad incontrare gli occhi di sua sorella. “Non è che anche questa volta è stata lei? Dopotutto anche quella prima…”

Rachel parve far scemare le ire per Jack, e appoggiò la bottiglietta sul tavolino davanti al divano, per posare le mani sui fianchi. “Guarda che lei è in carcere. Come potrebbe essere venuta a rubare?” gli fece notare scettica.

“Ma potrebbe essere scappata!” replicò Andrew.

La ragazza ci pensò un po’, per poi farsi convincere dalle sue parole. In fondo era una ladra, e i ladri sanno sempre come scamparla.

Forse.

“Potremmo andare a controllare.” Propose Richard.

“Già…” concordò Rachel.

“Allora ci mando Robert e -” e prese il cellulare dalla tasca della giacca.

“No!” esclamarono all’unisono i due fratelli. “Andiamo anche noi!”

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Prima parte del nuovo capitolo! :3
 
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Caos_89
view post Posted on 1/10/2010, 13:02




The Sorrow Beyond A Pretty Face - Parte 2


Una ragazza dai capelli rossi, sempre raccolti in una lunga coda, si avvicinò al tavolo dove i due ragazzi stavano seduti, con Bob dietro di loro. Ma c’era qualcosa che stonava in lei. Tipo quel grande e violaceo livido sulla guancia sinistra.

Lei li guardò riducendo i suoi occhi a due fessure e si sedette di fronte ai due.

“Cosa ti sei fatta?” chiese Rachel, indicandosi la corrispettiva guancia.

“Cazzi miei.” Rispose secca, appoggiandosi allo schienale della sedia. “Certo che non potete fare a meno di portare quel gorilla con voi, eh?” sussurrò con un sorriso strafottente, lanciando un’occhiata a Robert.

“Tappati quella bocca ed ascoltaci.” La minacciò Andrew, indicandola con l’indice.

Poteva essere anche ricoperta di ematomi, a lui non gli importava. Dopo quello che gli aveva fatto – dopo averlo ferito nell’orgoglio di Uomo-Sesso – lei, per lui, valeva meno di zero.

Inge si portò le mani sulla bocca ed assunse un’espressione spaventata, vagamente somigliante all’urlo di Munch.

“Questa qui continua a prendermi per il culo!” farfugliò altamente stizzito alla sorella.

“Ascolta, cosa hai preso da casa nostra?” chiese senza troppi giri di parole Rachel, non concedendo alcuna attenzione ad Andrew, che incrociò le braccia al petto e sbuffò sonoramente, per poi sentire la risposta della ragazza.

“Solo uno passaggio per il carcere.” Sorrise beffarda, appoggiandosi con i gomiti al tavolino.

“Io la uccido!” gridò il moro, sempre più incazzato. “Ma la senti?”

“Sono entrati ancora una volta dei ladri in casa nostra. Cosa ne sai?” continuò l’interrogatorio Rachel, senza badare alle lamentele del fratello, che a momenti poteva scattare in piedi ed afferrare la ragazza per il collo.

“Se sono qua dentro da tre giorni, come puoi pensare che ne sappia qualcosa?” le rivoltò la domanda lei, continuando a fissare i due con uno sguardo superiore.

Rachel tacque, non sapendo come ribattere alla sua domanda, mentre Andrew continuava ad osservare quella strana ragazza. Era strano vedere qualcuno in possesso della straordinaria capacità di far zittire la famigerata logorroica attrice Rachel Janet Morgan.

La ragazza boccheggiò per qualche secondo, per poi tornare all’attacco.

“Non è possibile che tutti vengano da noi a rubare! Non siamo gli unici in possesso di uno schermo al plasma!” sbottò.

“E io che posso farci?” alzò le spalle Inge, completamente indifferente alla catastrofica situazione dei due fratelli.

“Smettila di fare queste battute! Mi dai sui nervi! Rispondi e basta!” urlò sommessa Rachel, alzandosi e sbattendo una mano sul tavolino di ferro che li divideva.

Subito, la grande mano di Robert la prese per la spalla e la fece sedere di nuovo.

Un uomo, fuori dalla sala dove si trovavano, si affacciò al vetro della porta con aria minacciosa. Al che, la rossa sbuffò.

“Va bene, farò come volete…”

“E ora cosa succederà? I maiali inizieranno a volare?” berciò Andrew sarcastico.

“Ma che cazzo vuoi? Sto cercando di venirvi incontro, quindi vedi di piantarla!” fece lei falsamente irritata.

“Ma…? Guarda che sei tu che hai -” cercò di parlare il moro, non riuscendo nemmeno a terminare la frase, sempre più indignato dalle accuse infondate che gli rivolgeva la ragazza.

“Se avete finito, potrei finalmente capire cosa sai sul perché casa nostra sembra diventata la caverna delle meraviglie per i quaranta ladroni?” intervenne Rachel.

La ragazza sospirò come rassegnata.

“Deve essere stato Mark.” Confessò, fissando le mani unite davanti a lei.

“Mark?” fecero i due ragazzi all’unisono. “E chi è?”

“Diciamo che è mio fratello.”

“Ed ha voluto finire il lavoro che non avevi concluso tu?” chiese Andrew, accantonando la rabbia che nutriva per la ragazza e riversandola su quel tizio, bruciando dalla voglia di mettergli le mani addosso e riprendersi il suo amato televisore con schermo al plasma.

“Più o meno. È lui che ha problemi di debiti. Per questo ruba.” Spiegò lei, mantenendo i suoi occhi sulle proprie mani. Il suo tono suonò diverso. Quasi flebile.

I ragazzi non risposero. Si guardarono un attimo negli occhi, rivelando un identico pensiero, che, poi, Andrew espresse ad alta voce.

“E tu? Perché rubi?” ma non era un tono che l’accusava. Era quasi un tono insolitamente preoccupato, ma pur sempre serio.

Lei iniziò a contorcersi le mani e i ragazzi interpretarono quel suo gesto come puro imbarazzo. Era la prima volta, da quando avevano avuto l’occasione di conoscerla, che lei si dimostrava così vulnerabile.

“Perché mio fratello – quando c’è – è una delle uniche due persone che si prendono cura di me. Cioè… è lui che mi dà cibo e un tetto sopra la testa. Senza di lui io non sopravvivrei.” Mormorò flebilmente.

“Perché non ti cerchi un lavoro, allora?” fece Rachel, anche lei mettendo da parte la sua ira ed addolcendo il suo tono.

“Ho già provato, che credete?” e sorrise malinconica, senza azzardare ad incrociare gli occhi dei due ragazzi. “Ma purtroppo, ogni volta che ne trovo uno, mio fratello approfitta della fiducia che le persone nutrono per me e va a rubare dove lavoro. Di lì a pochi giorni vengo sempre licenziata. Per questo ho smesso di cercare lavori. E mio fratello mi spinge ad aiutarlo nei suoi furti, dicendomi che in questo modo potremmo andare avanti.”

I ragazzi non emisero alcun suono, ma il dubbio che lei li stesse prendendo ancora una volta per il culo, l’avevano entrambi.

“Bè, questo è ciò che mi avete chiesto con anche degli interessi. Se non avete più niente da chiedermi, ora andatevene.” Disse, tornando a fissarli cupa, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta della stanza, dove venne accolta malamente dall’uomo oltre ad essa e ricondotta lungo uno stretto corridoio.

“Allora, andiamo anche noi?” chiese Robert.

I due fratelli annuirono e si alzarono a loro volta in silenzio, incamminandosi, poi, verso l’uscita, seguiti dalla loro fedele guardia del corpo.

Salirono in macchina e partirono per tornare a casa loro.

Quella ragazza era strana. Sembrava che non le piacesse la sua vita.

Mentre lei parlava, i due ragazzi ebbero la sensazione che si vergognasse ad ammettere ciò che era forzata a fare per sopravvivere, e l'espressione che aveva assunto – a metà tra la tristezza e la frustrazione –, li aveva colpiti, facendo nascere in loro una nuova immagine di quella ragazza. Immagine che contrastava molto con la Inge ribelle e pungente che avevano incontrato quella sera a casa loro.

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Seconda parte del secondo capitolo!^^
 
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Caos_89
view post Posted on 20/10/2010, 18:26




The Sorrow Beyond A Pretty Face - Parte 3


“Turner!” urlò una guardia, dalla grande corporatura ma che non dimostrava più di una trentina d’anni.

“Inge Turner!” la chiamò di nuovo, battendo un manganello tra le sbarre della cella e facendo risuonare la sua profonda voce a causa del vuoto che caratterizzava quel posto.

La ragazza aprì un occhio e si guardò intorno, del tutto intontita. Non aveva potuto dormire per ore, perché quella cretina che stava sotto di lei non faceva altro che russare.

“Scendi subito da là e vieni qui!” urlò autoritario l’uomo, continuando a battere quel manganello che Inge gli avrebbe volentieri infilato in un posto non molto gradito.

“Puoi anche farla finita di rompere i coglioni con quel coso.” Lo avvertì, allontanando da sé delle vecchie coperte e mettendosi seduta.

“Non ti darò mai queste soddisfazioni.” Ghignò la guardia.

“Oh, dai! Hans! Lo sai che non posso sopportare questo rumore ogni mattina! La mia testa potrebbe esplodere da un momento all’altro!” iniziò a supplicarlo, forse, con troppa enfasi, mentre saltava giù dalla sua cuccetta.

“Meglio, così potremmo appurare la presenza del cervello.” Rise l’uomo.

“Scusa, eh, ma che me ne faccio del cervello, una volta che mi è esplosa la testa? Non sarebbe meglio rimanere nel dubbio e sapermi viva?” rise lei a sua volta, avvicinandosi alle sbarre.

Conosceva Hans da tre mesi – da quando lui era stato trasferito in quella sede – ed almeno ogni due settimane, lei andava a fargli visita per qualche giorno.

Per lei, riuscire a trovare una persona con cui scherzare in quei giorni, voleva dire molto, visto che la guardia che l’aveva preceduto era un ottimo esemplare di mummia (sia perché era così brutto che non si poteva vedere, sia perché non apriva bocca, forse, nemmeno per mangiare – cosa che continuava a provare la sua vera identità di mummia).

“Saperti viva sì, ma vorrei anche saperti in buone mani. Comunque, sono venuto a romperti i coglioni perché ti è stata pagata la cauzione… quindi questa volta uscirai prima di aver passato qualche giorno in più in mia compagnia.”

“E chi è stato? Mark?” chiese lei, appoggiandosi alle sbarre della cella.

“Non lo so con esattezza, il capo mi ha detto, però, di riferirti questo messaggio.” Si schiarì la voce e con tono solenne continuò. “E con questo speriamo che tu non ti metta più a rubare, o almeno, non in casa nostra.

Gli occhi di Inge parvero illuminarsi e un dolce sorriso si dipinse sul suo volto.

“Sai chi è stato? Però dal messaggio, sembravano più di uno…” commentò.

“Sì, sono i due ragazzi che mi hanno portato quaggiù…” spiegò Inge.

“Certo che sono proprio idioti! Prima ti ci mandano e poi ti ci tolgono? Bah, la gioventù d’oggi!” e sbuffò, sorridendo. “Ad ogni modo, io appoggio il messaggio di questi ragazzi. Non rubare più, chiaro?” e la minacciò puntando il manganello contro il suo naso, per poi posarcelo e picchiettarlo.

“Cristallino!” rise lei, abbassandogli l’arma. “Ma lo sai che non dipende da me…” aggiunse diventando improvvisamente seria.

Hans sospirò. “Cerca di trovare una soluzione.”

“Cercherò.” Sorrise lei.

“Sai, mi mancheranno le chiacchierate con te, se ora te ne vai e non torni più… ma!” e le tappò la bocca con un dito, prevenendo ciò che avrebbe potuto dire. “… non voglio che per amor mio, tu continui per questa strada…” le sorrise a sua volta.

“Oh, Hans…” sussurrò lei, dimostrandosi un’attrice provetta. “Mi mancherai anche tu! Ti ho lasciato parte del mio cuore! Non tradirmi mai con Christine…”

“Chi?” alzò un sopracciglio perplesso.

“… quella che russa…” interruppe la recita. “Ti amo, Hans…” sussurrò all’apice della sua performance, allargando le braccia tra le sbarre e cercando di abbracciarlo.

“Inge! Ora basta, su! Sennò che dico a mia moglie?” e rise.

“Già, non l’avevo calcolata…” fece lei pensierosa.

“Dai, raccogli le tue cose ed esci, non ne posso più di vederti qui!” ed aprì la porta della cella.

“Certo che sei incoerente. Prima mi dici che ti mancherò, e poi che non ne puoi più di me! Che gentile!” ridacchiò la rossa, andando a prendere la sua felpa nera che stava spiegazzata per terra da quando era arrivata.

“Lo sai che scherzo!” si difese lui, lasciandola uscire e chiudendo la porta a sbarre dietro di lei.

“Su quale dei due punti?” insistette Inge, sorridendo strafottente ed infilandosi la felpa, per poi sciogliersi i capelli e risistemarli in una coda alta.

“Che te ne frega?” le rispose a tono lui. “Comunque, davvero. Non tornare più qua dentro. Non è un posto per te.”

“Ma io sono una ladra!” disse fingendosi fiera.

“Ma, guarda qui…” e le accarezzò la guancia violacea. “Qui ci stanno i veri criminali, come la tua ex compagna di cella! Guarda che ti ha fatto!”

“Questo è perché sono salita sul suo letto con un piede per potermi arrampicare sul mio.” Disse la ragazza, toccandosi la guancia e costatando che non le faceva nemmeno troppo male. Ormai stava per guarire.

“Tu puoi cambiare vita.” Aggiunse incoraggiante Hans.

“Ah, sì? E come?” chiese, tornando seria.

Cambiare era proprio ciò che Inge avrebbe voluto, ma sapeva fin troppo bene che non era possibile. Come avrebbe fatto a sopravvivere, se non avesse più appoggiato ed aiutato i furti del fratello?

La guardia le diede una pacca sulla spalla e le sorrise un’ultima volta. “Ora vai, altrimenti ti rimetto dentro!” la minacciò scherzando.

“Agli ordini, capo!” sorrise beffarda lei, mettendosi sull’attenti e portandosi la mano alla testa come un perfetto cadetto.

Lui rise, la salutò un’ultima volta e dopo che lei gli ebbe rinviato il saluto, le diede le spalle, tornando al suo lavoro di controllore del lungo corridoio.

Inge si mise le mani nelle tasche dei grandi pantaloni neri e si diresse verso l’uscita, fischiettando.

Avrebbe provato a cambiare. E forse – chissà – ci sarebbe pure riuscita!

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Non è mai stato uno dei miei capitoli preferiti... Forse proprio perchè è di passaggio, boh!
Vabbè, serviva alla storia, quindi leggetelo senza troppe lamentele... ;)
 
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Caos_89
view post Posted on 24/12/2010, 17:38




The Sorrow Beyond A Pretty Face - Parte 4

“Mark, sono tornata.” Annunciò aprendo la porta di casa.
“Finalmente! Dove diavolo eri finita?” gridò una voce roca dalla stanza accanto.
“Mi avevano messa dentro.” E si tolse la felpa, per buttarla poi sulla spalliera del divano, dove Mark era stravaccato.
“Quindi? Non hai preso niente?”
“No, se mi hanno preso…” fece lei, sottolineando l’ovvietà della domanda.
“Sei inutile! È già la seconda volta che ti fai prendere, questo mese!” la accusò, mettendosi seduto sul divano, rivelando la sua corta capigliatura corvina.
Almeno là mangio!, avrebbe voluto rispondergli, ma sapeva che se l’avesse fatto, non avrebbe nemmeno più avuto una casa.
“Hai ragione, scusa…” rispose, sottomettendosi al ragazzo.
“Lo so che ho ragione. Comunque, com’è che ti hanno presa?” cercò di informarsi, appoggiandosi allo schienale del logoro divano per guardare la ragazza negli occhi.
“Perché la casa non era vuota…” spiegò lei, oltrepassando il divano ed andando a sedersi per terra.
Il fratello si girò, per mantenere il contatto visivo con lei. “E?”
“E cosa? Mi hanno scoperta!” rimarcò l’ovvietà della domanda.
“E poi? Perché sei uscita così presto? Ti sei fatta uno dei capi, là dentro?” rise goffamente Mark, rivelando dei denti gialli e storti.
“No!” rispose stizzita. Questo non l’avrebbe mai fatto! Possibile che lui non avesse ancora capito che lei non era quel tipo di persona? Lei non si sarebbe venduta nemmeno se fosse l’unica cosa da fare per sopravvivere! Piuttosto sarebbe morta!
“Bè, avresti dovuto farlo! E non solo con quelli del carcere! Se tu stessi un po’ sulla strada a lavorare, forse avremmo anche qualche soldo in più!” la accusò nuovamente.
Il naso iniziò a pizzicarle. E quando questo succedeva, significava che la sua fiera e autoritaria resistenza andava a farsi fottere. Significava l’inizio di un pianto, anche se silenzioso.
Perché Mark doveva sempre accusarla di come andavano male le cose in quella casa? Perché non si addossava anche lui la colpa di ciò che dovevano passare? E perché, invece di spendere soldi in droghe ed alcol, non li usava per mangiare e per vivere?
La voglia di tornare dentro quelle quattro mura della sua cella era sempre più forte. Anche se laggiù veniva picchiata da quella criminale di Chris solo perché respirava la sua stessa aria, almeno viveva. In quella casa, invece, sembrava non avesse più vita.
Se ne avesse avuto il coraggio, avrebbe voluto dire a Mark tutto ciò che aveva dovuto sopportare per poter sopravvivere in quelle condizioni, mentre lui non faceva altro che rubare. Era da quando lui aveva dodici anni che buttava via la sua vita in questa maniera disgustosa, e ora che ne aveva venticinque, nulla era cambiato. Se non che anche lei era cresciuta, acquistando la consapevolezza dello squallore in cui viveva.
“E allora? Come sei uscita?” insistette il ragazzo.
“Mi hanno pagato la cauzione…” rispose, timorosa e con gli occhi che le bruciavano sempre di più per la voglia di piangere.
“Chi?”
Lei respirò profondamente, per far svanire quelle lacrime che dentro di lei avevano già iniziato a rigarle il viso.
“I proprietari della casa in cui ero entrata…” confessò in un fragile sussurrò.
“Davvero? Quelli in cui sono entrato anch’io per finire il tuo lavoro?” fece incredulo Mark, avvicinandosi ad Inge.
Lei annuì, abbassando lo sguardo sul sudicio pavimento davanti a lei. Sapeva fin troppo bene cosa avrebbe potuto chiedere il fratello.
“Ma senti! E così sei entrata nelle grazie dei ricconi!” esclamò malefico. “Dovresti legarti ancora di più a questi tizi. Posso già vedere i soldi che arriveranno ad un futuro colpo! E ovviamente tu dovrai entrare in quella casa ed esaminarla attentamente. Che ne so, potresti presentarti a casa loro per ringraziarli ed andare avanti con visite sempre più frequenti…”
Ecco. Proprio come aveva intuito.
“Che ne dici? Sarebbe il colpo più grosso mai fatto!” e rise. Una risata che alle orecchie di Inge giunse animalesca e terrorizzante.
No. Non lo farò mai. Loro mi hanno aiutato, perché dovrei approfittarmene?
“Allora? Ti sei addormentata?” e si alzò per andarla a scuotere per una spalla.
Inge alzò lo sguardo per incontrare gli occhi neri del ragazzo. Poi ridusse gli occhi a due fessure.
“No.”
“No? No, cosa?” ripeté interdetto Mark, sedendosi nuovamente sul divano.
“No, io non voglio andare a rubare a casa loro.” Sussurrò la ragazza, sapendo che ad ogni parola da lei pronunciata, sarebbe corrisposta una ritorsione da parte del ragazzo.
Le narici del ragazzo, infatti, iniziarono a dilatarsi, segno che stava per scoppiare.
Certo che ci vuole proprio poco per aizzarti… commentò sarcastica e malinconica la ragazza, preparandosi a ricevere un eventuale colpo.
“Spiegami perché no.” Ordinò. La sua voce tremava come se da un momento all’altro avesse potuto perdere il controllo su se stesso ed attaccare la ragazza – come al solito.
“Perché…” deglutì. “Non lo voglio più fare… non voglio più rubare.” Poi, chiuse gli occhi, per evitare che le lacrime iniziassero a sgorgare dai suoi occhi. “Non voglio più vivere così.”
“Bene.”
Silenzio.
“Allora esci.” Concluse dopo un po’, senza tradire alcuna emozione, se non la rabbia per l’essere stato contestato.
“Cosa?” rispose impaurita Inge.
“Hai capito. Esci!” gridò, alzandosi in piedi ed indicando con foga la porta.
“Perché?” farfugliò colta alla sprovvista. Si sarebbe aspettata qualunque cosa, ma fisica, come faceva sempre ogni volta che lei lo contraddiceva, ma mai che l’avesse buttata fuori di casa.
Come avrebbe potuto sopravvivere, ora?
“Perché così ho deciso. Se non esci subito, te ne pentirai!” urlò ancora minaccioso.
Inge lo fissò con occhi sgranati per qualche attimo. Iniziò anche a tremare, impercettibilmente alla vista cieca di Mark, e ogni parola, con la quale avrebbe voluto obbiettare, le morì in gola.
“Sei sorda?” ruggì il ragazzo, prendendola violentemente per un braccio e facendola alzare. “Esci! Se non vuoi più fare come ti dico, sei inutile! Sei solo un peso che devo portarmi dietro! Preferisco sbarazzarmi di te!” ed agguantò la sua felpa, buttandogliela addosso.
La ragazza non ebbe le forze per opporre resistenza e si lasciò guidare dalla brutale presa di Mark verso la porta, che l’aprì con un impeto di rabbia.
“Non ti voglio più tra i piedi, chiaro?” continuò, strattonandola per il braccio.
Inge non rispose, ancora incapace di realizzare tutto ciò che le era stato buttato addosso da quel vomito di parole.
Con un ultimo colpo, Mark la spinse fuori dalla porta, che, poi, chiuse sbattendola alle sue spalle.
Inge si ritrovò accasciata a terra, nel freddo della sera autunnale.
Da sola.

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Fine del secondo capitolo!^^

Già che ci sono, vi voglio augurare Buone Feste! Chissà quando sarà la prossima volta che aggiornerò, visti i già incredibili ritardi che sto accumulando di volta in volta ;)
Via, alla prossima, gente!
 
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Caos_89
view post Posted on 7/2/2011, 11:44




Do You See The Smile In The Rain? - Parte 1


Pioveva.
Erano due giorni che non faceva altro che piovere. E non era per niente una buona cosa per Rachel, visto che i suoi capelli, per quanto ultralisci fossero, nulla potevano contro l’acqua. Non faceva in tempo a scendere dal suv per entrare in un qualsiasi edificio, che già sembrava si fosse fatta la doccia con tutti i vestiti, malgrado gli otto ombrelli che la circondavano.
E nulla era peggio che lavorare a delle riprese con una Rachel incazzata per i suoi capelli. Nemmeno quando si rompeva un’unghia arrivava a tanto.
Quel giorno i due fratelli avevano l’ennesima giornata di riprese per il film in cui coprivano il ruolo di protagonisti e Richard, dopo aver visto la ragazza con un diavolo per capello – ed erano davvero tanti! –, ingoiò tre tranquillanti come se fossero caramelle.
Andrew non faceva che stuzzicarla, come Jack d’altronde, accrescendo l’ira di Rachel, che iniziò a lanciare sguardi assassini, essendo priva di bottigliette da rovesciare sulle teste dei due.
David, intanto, li seguiva con le mani in tasca, ovviamente incrociando le dita per evitare che scoppiasse la terza guerra mondiale… come se quel gesto potesse davvero fermare una Morgan incazzata fino al midollo.
Come ogni volta, le riprese vennero ritardate di mezz’ora – nonostante il già titanico ritardo con cui i ragazzi erano arrivati –, non tanto a causa della pura volontà dell’attrice, quanto per la sua decisione di rinchiudersi in bagno per risistemarsi i capelli. Certo, la scena avrebbe dovuto rappresentare il suo risveglio dopo una nottata movimentata, ma lei non volle sentire storie, quando anche il parrucchiere confermò che potevano andare bene anche disordinati come erano per natura.
Se lei voleva i capelli perfetti, li avrebbe avuto più che perfetti.
“Giuro, la prossima volta le nascondo piastra!” esclamò Andrew, girando per la stanza, mentre sua sorella si era rinchiusa in bagno dopo aver mandato amabilmente tutti al diavolo perché pioveva.
“E così lei ti fa sparire la tua preziosa raccolta di cd come l’altra volta…” puntualizzò Dave, sbadigliando sul divano della stanza.
“No, gli prese la raccolta perché Andrew le aveva fatto sparire i trucchi.” Lo corresse Jack, giocherellando con un pezzo di carta contenente tutti i loro impegni del giorno.
“Sì, ma perché anche quella volta si era rinchiusa per tre ore nel bagno!” si discolpò il moro, crollando sull’altro divano, dove anche il loro manager era seduto, molto più elegantemente di lui.
“Ma tu potevi andare in quello al piano terra!” sbottò Rachel, entrando vittoriosa dalla battaglia per domare i suoi capelli, che a vederli sembravano tutto, fuorché domati.
“Certo! Mi rinchiudevo là con tutti gli idraulici che avevi chiamato!” berciò Andrew, agitando le mani.
“Colpa mia se il bagno era guasto?” ribatté la ragazza, posando la sua borsa con dentro tutto l’occorrente per un make up all’ultimo minuto, che in realtà richiedeva molto di più di un semplice minuto.
Il fratello assunse un’aria pensierosa. “Uhm… decisamente sì! Mica l’ho intasato io il cesso con quintali di cotone!”
Rachel sbuffò sonoramente, tanto per rendere partecipi tutti della sua luna storta.
No, non storta. Direttamente capovolta! Raddrizzata e capovolta un’altra volta!, pensò Jack, evitando di esprimere il pensiero ad alta voce, anche se, guardando le facce degli altri, sembrava proprio che stessero tutti pensando la stessa cosa.
“Rachel, possiamo andare ora?” chiese Richard, sospirando e portandosi una mano alla fronte.
“E certo! Deve essere sempre colpa mia quando siamo in ritardo!” protestò lei, iniziando quasi a far uscire il fumo dalle orecchie.
I quattro si guardarono, scambiandosi una reciproca domanda.
La sopprimiamo?

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Nuovo capitolo! Un inizio particolare, che mette in risalto l'attrazione verso la perfezione della nostra attrice provetta.^^

Spero vi abbia fatto sorridere! xD
 
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10 replies since 17/6/2009, 21:28   145 views
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