Another Second Time Around - Parte 3La cosa che poteva ripagare Rachel più di ogni altra cosa, in quel momento, era non fare niente tutto il giorno. Dopo che Andrew le aveva dato il buongiorno – alle otto di sera – non era più riuscita a chiudere occhio. Era, quindi, scesa in cucina a prendere qualcosa da mangiare (ovviamente non cose troppo sofisticate da preparare. Le bastavano gli avanzi della pizza del giorno prima, che riscaldò – non senza problemi – nel microonde), e tornò con il piatto in camera sua. Mangiò, guardando un film, ma poi la stanchezza si impossessò di nuovo di lei, e cadde ancora una volta nelle ormai note braccia di Morfeo.
Improvvisamente, un tonfo sordo, proveniente da fuori, la riportò alla realtà, facendola scattare a sedere. Sbuffò e prese nota mentale di ripagare Andrew con la stessa moneta. Com’era possibile che suo fratello fosse un perfetto esemplare di inciviltà?
Erano solo le…
Si girò verso la sveglia sul comodino.
… le due e mezza! Certe volte le sembrava di vivere con una persona cresciuta nella foresta Amazzonica!
No, rifletté un attimo.
Un selvaggio sarebbe molto più educato di Andrew…Poi, un altro rumore, come se qualcuno cercasse di entrare ma non avesse le chiavi.
No, Andrew non avrebbe avuto problemi a svegliarla, attaccandosi a peso morto al campanello, pensò Rachel, iniziando a sentire dei brividi di paura lungo la schiena.
Una porta si aprì. Sembrava proprio quella d’ingresso.
Rachel, con le orecchie pronte a cogliere ogni altro minimo rumore, scese dal letto e si avvicinò alla porta. Forse Andrew aveva ritrovato le chiavi all’interno delle tasche senza fondo dei suoi pantaloni.
Passò, poi, qualche attimo di silenzio.
Strano, però. Di solito suo fratello, ovviamente facendo tanta confusione quanto le sue energie potessero permettergli, si trascinava stancamente verso camera sua. Questa volta, invece, sembrava piuttosto silenzioso.
Ma ancora più strano: non era ancora andato ad avvisarla del suo ritorno. Ogni volta che rientrava di notte, infatti, prima di andare nella propria stanza, Andrew passava da quella della sorella e batteva una mano sulla sua porta un paio di volte. Ormai quello era un gesto che faceva in automatico da anni!
La mora iniziò a preoccuparsi così tanto che le mani avevano iniziato a sudarle.
Poi, chiuse gli occhi e sospirò. Sarebbe andata a vedere cosa era successo. Dopotutto, se non era Andrew chi mai doveva essere? Ladri? No. Lo escludeva a priori, visto che aveva già avuto una loro visita la scorsa settimana. Non potevano tornare nel solito luogo! Erano come i fulmini! Mai due volte nello stesso punto.
Forse.
Girò lentamente la maniglia della porta ed uscì, camminando altrettanto lentamente ed in punta dei piedi, rischiando più volte di perdere l’equilibrio e cadere. Scese le scale, sperando che il terzo scalino non cigolasse come al suo solito, cosa che fortunatamente non fece, e si accostò allo sgabuzzino. Aprì la porta con delicatezza ed afferrò la prima cosa che riuscì a trovare – una scopa – per poi impugnarla come arma per un’eventuale invasione.
Cercò di avvertire qualche altro rumore che le permettesse di individuare l’ospite, ma niente. Sembrava che si fosse volatilizzato.
Bè, meglio così…Non fece in tempo a rilassare i muscoli che aveva teso ed a sospirare, che sentì come se qualcosa sbattesse contro un mobile. E il “
cazzo!” che seguì quel colpo, fu la prova evidente che qualcuno era sul serio entrato in casa. E la voce non era quella di Andrew. Assolutamente. A meno che non avesse fatto un’operazione alle corde vocali, per renderla più femminile, quella voce apparteneva sul serio ad una donna.
Che suo fratello se ne fosse portata una a casa? Era forse impazzito? Cioè… ulteriormente? Come gli era passato per quella sua testa di portare una ragazza a casa loro? Anche se per la finezza con la quale si era espressa era proprio adatta a lui, era severamente vietato portare fans in casa!
Ma era inutile dirglielo, visto che lo faceva in continuazione, nonostante la regola…
Però, non sentiva altri ‘rumori’ che caratterizzavano quei momenti. Quindi, che non fosse Andrew?
Allora era proprio un ladro! O meglio, una
ladra!
Ma non le importava del sesso, fosse stato anche un trans, ora lei sarebbe entrata dentro quella stanza e le avrebbe fatto cambiare idea sulle sue intenzioni.
Si avvicinò, per niente sicura di ciò che avrebbe potuto fare una volta che si fosse trovata davanti a lei. E se fosse stata armata? Rachel impallidì a quel pensiero, immobilizzandosi proprio davanti alla porta della porta dello studio. C’era la possibilità di fare una brutta fine e lei stava andando incontro a questa possibilità quasi a braccia aperte.
Forse, se fosse rimasta rintanata in camera sua sarebbe stato meglio. Però, poteva sempre provare a tornarci, no?
Non ebbe il tempo di riuscire a trovare una risposta a ciascuna delle paranoiche domande che le stavano affollando la testa, che la porta dello studio cigolò e si aprì.
Il primo pensiero di Rachel fu l’essere stata fortunata a non averla aperta lei, perché se così fosse stato, sarebbe stata scoperta grazie a quel fastidioso stridìo. Ma subito dopo impallidì per la seconda volta. Stava per trovarsi faccia a faccia con un ladro! Anche se era femmina…
C’era solo la luce della luna che trapelava dalle persiane semichiuse dello studio e della sala alle sue spalle ad illuminare le due persone e proprio quando Rachel fu certa di vedere quella donna uscire dalla stanza, alzò la scopa e colpì l’intrusa.
Doveva averla sul serio colta alla sprovvista, perché questa cadde a terra, battendo la testa contro la porta dello studio.
Una piccola parte di Rachel, subito si sentì in colpa per aver dovuto colpire una persona, ma dopotutto…
O lei o me…Si avvicinò impercettibilmente alla ladra, che era stesa a terra. Aveva le mani vuote, coperte solo da un paio di guanti neri che nascondevano solo il dorso e il palmo.
Rachel sospirò. Era disarmata.
Subito corse ad accendere la luce per illuminare un po’ di più l’ingresso, per poi tornare dalla sua vittima.
Appunto. Vittima.
La ragazza iniziò a preoccuparsi vedendo che la ladra – che a guardarla meglio non poteva che avere una ventina d’anni – non si rialzava. Che l’avesse uccisa? Ma non c’era andata troppo forte!
Ma forse, non era del tutto morta… già, poteva essere solo svenuta. O forse era in
coma!
La mora sbiancò ancora una volta. L’avrebbero arrestata e portata in prigione per ciò che aveva fatto!
Però, era legittima difesa! Ma si poteva parlare di legittima difesa, se l’aggressore era disarmato e non aveva aggredito proprio nessuno?
Non credo…Ma era una ladra! Qualcosa avrebbe pur dovuto valere questo!
Fece due passi verso la ragazza, si accucciò vicino a lei e le posò una mano sulla spalla, scuotendola leggermente.
“Oh, non sei morta, vero?” sussurrò timorosa.
Lei non rispose e Rachel si sentì in dovere di fare qualcos’altro per risvegliarla. Iniziò, quindi a schiaffeggiarla lievemente sulla guancia con la mano libera dalla scopa.
La ladra strizzò gli occhi ed emise un flebile lamento.
Era viva! Rachel si sentì sollevata da un intero mondo che stava pensando sulla sua testa. Non sarebbe stata incriminata come assassina.
“Ehi, svegliati! Forza!” picchiettò ancora un po’ sul suo viso.
La ragazza si mosse e si mise seduta, portandosi una mano alla testa, proprio dove Rachel l’aveva colpita.
“Come stai?” le chiese la mora, piegando la testa di lato, seriamente preoccupata, ma più che per lei, per se stessa.
“Ma cosa -” mormorò la ladra per poi fermarsi, aprire gli occhi e realizzare l'accaduto. “Oh cazzo…”
Rachel la guardò, leggermente allarmata dal suo risveglio. Ok. Aveva appurato che non era morta e che non era in coma. Ma ora?
La ladra, intanto, nel tentativo di capire meglio cosa le fosse successo, fece scorrere gli occhi per tutto l’ingresso, per poi farli posare sulla scopa che la giovane teneva ancora in mano.
“Tu!” ed indicò Rachel con tono accusatorio. “Tu! Ma che cazzo hai fatto?” sbottò lei, indicando, ora, la scopa.
“Che cazzo hai fatto tu! Questa è casa mia!” eruppe Rachel a sua volta.
La ragazza sembrò trattenere il fiato per qualche attimo ed improvvisamente si alzò, iniziando a correre verso le scale.
Rachel, per niente pronta ad una cosa del genere, rimase immobile a guardarla scappare senza capire.
Ed una volta che il suo cervello ebbe dato la notizia a tutto il suo corpo di muoversi, corse dietro alla fuggiasca.
Merda! Non puoi farla franca! Quando, dopo aver salito tutta la rampa di scale, si rese conto di averla persa di vista, non poté far altro che provare ad entrare in una delle tante stanze che riempivano il piano superiore della casa, sperando che fosse quella in cui la ladra si era nascosta.
Aprì, quindi, la porta già socchiusa della prima stanza – la camera degli ospiti – ed entrò. Là dentro non c’era nessuno.
Forse sotto il letto… Si accovacciò ed alzò le coperte del letto, per infilarci sotto la testa.
Niente. Solo polvere. Prima o poi avrebbe dovuto pulire.
Proprio in quel momento, sentì la porta dietro di sé chiudersi di colpo, al quale lei trasalì e batté la testa contro il letto.
Porca…Subito si alzò, massaggiandosi la testa e catapultandosi nel corridoio, per poi scendere le scale correndo scompostamente a causa dell’agitazione. E proprio per questo, il manico della scopa, che ancora teneva in mano, si impuntò davanti alle sue gambe, facendola inciampare e cadere per le scale.
Urlò per tutta la caduta, serrando gli occhi e portandosi le mani davanti agli occhi, finché non andò a sbattere contro qualcosa. O qualcuno. La ladra venne travolta nella caduta libera della mora e con lei scivolò gli ultimi gradini.
Quando finalmente si fermarono – con somma gioia di entrambi – Rachel scese da sopra di lei, per farla rialzare, ma non senza prenderla per un braccio, in modo da evitarle ogni altro tentativo di fuga, che già le era costato un bernoccolo in testa.
“Tranquilla, dolcezza. Non scappo.” Sbuffò la ladra.
Rachel la guardò torva. Possibile che tutto a lei doveva succedere? Non solo una rapina in casa sua una settimana prima, ma anche una seconda! E per giunta lei si era data anche alla cattura del ladro! Cioè…
ladra.
La ragazza imitò il suo sguardo torvo, aggiungendo a questo una scansione su di lei tale da innervosirla. Di fatto, anche Rachel si soffermò, poi, sul proprio abbigliamento. Effettivamente, poteva mettersi qualcosa addosso.
Indossava i suoi stretti pantaloncini neri e una maglietta arancione sopra. Non era proprio il massimo dell’eleganza. Dopo questa constatazione, però, si mise ad analizzare la ragazza.
A parte i due occhi che erano diventati due fessure, che guardarle per troppo tempo implicava un’immediata morte, aveva un viso dai fini lineamenti, con qualche lentiggine qua e là. Le labbra non erano particolarmente carnose, ma belle rosee. Il piccolo naso, leggermente all’insù, le dava quell’aria sbarazzina degna di una giovane ragazza.
Non azzardò guardare il colore degli occhi per paura di rimanere fulminata dal suo sguardo, e quindi si spostò ad osservare i capelli che contornavano il suo viso. Poteva capire che erano mossi da quei due ciuffi leggermente più corti che le scendevano morbidi ai lati del volto, mentre gli altri li teneva legati in una lunga coda. Ma quello che la meravigliò maggiormente fu il colore. Erano rossi. Ma non
rossi rossi. Erano più un rosso ramato.
Possibile che una ragazza come lei, dall’aspetto anche carino, potesse essere una ladra? Bè, stava per rubare in casa sua, quindi era possibile. Molto possibile.
“Hai finito di fissarmi?” domandò seria lei. “Vuoi anche che mi spogli?”
“Cosa?” farfugliò Rachel, riprendendosi dall’analisi, forse troppo minuziosa.
“Mi stavi fissando. Odio essere fissata.” Spiegò a tono duro e minaccioso.
“Ah…” fece la mora, intimorita dalla sua voce. Carina sì, ma pericolosa.
Poi, Rachel si alzò, tirandola per il braccio per portarsela dietro. L’avrebbe rinchiusa in una delle camere e avrebbe chiamato la polizia. Dopotutto, lei stava per rubare in casa sua! E anche se era giovane, carina – e pericolosa – era pur sempre una criminale.
La ragazza obbedì, ma proprio mentre stava cercando di stabilire un equilibrio sulle proprie gambe, doloranti per la caduta, la caviglia le cedette, facendola accasciare per terra.
“Oh! Che ti prende ora?” chiese preoccupata la mora, chinandosi accanto a lei.
“Oh! Ma saranno cazzi miei?” le rispose finemente.
Rachel sbuffò. E dire che stava cercando di essere gentile con lei.
“Hai bisogno di aiuto?” si sforzò di chiederle ancora una volta.
Lei roteò gli occhi. “Bè, se vuoi che io ti segua, sì…”
“Ti fa male la caviglia?”
“No, il dito…” fece scocciata la ragazza.
La mora alzò un sopracciglio.
La ladra sospirò. “Se sono cascata, secondo te è perché mi sente un dito?”
Giusto.
Rachel le passò un braccio intorno alla vita e l’aiutò ad alzarsi, per poi darle sostegno mentre saliva le scale.
Le venne, poi, da chiederle perché non si stava più ribellando. In fondo, per una semplice slogatura avrebbe potuto cercare di fuggire di nuovo, non era niente di così grave – anche se lei per prima si sarebbe data malata terminale e sarebbe stata a letto tutto il giorno.
Tradusse quel suo pensiero a parole.
“Perché in carcere almeno mi danno da mangiare…” rispose lei e soffiò una risata malinconica.
“Ah, capsico”
Poteva allora farsi catturare subito, no?Rachel l’accompagnò sul letto della stanza degli ospiti, esattamente quella dove prima lei aveva provato rinchiuderla, e si assicurò che la finestra non fosse aperta – anche se dal primo piano sarebbe stato un po’ difficile scappare. Poi uscì dalla stanza, chiudendola a chiave e portando la chiave con sé.
Andò in camera sua per recuperare il cellulare. Avrebbe chiamato Robert, la guardia del corpo personale di lei e suo fratello, in modo da sapere precisamente cosa fare con quella ragazza…
Metti che lui la voglia portare via da qui per evitare che si venga a sapere di un altro tentativo di furto…… e poi anche Andrew. Anche lui viveva in quella casa e quindi era più che giusto avvertirlo che c’era una ladra nella camera degli ospiti.
Ma proprio quando Rachel finì di cercare il numero di Robert nella sua rubrica digitale, suo fratello si attaccò a peso morto – degno di lui – al campanello della casa.
Quando si dice tempismo…Buttò il cellulare sul letto e corse ad aprire al fratello, altrimenti la sua testa sarebbe esplosa per colpa di quell’assordante ronzio.
“Porca miseria, Andrew! Ma le chiavi mai, eh!” sbottò Rachel.
“Tanto ci sei tu che mi vieni ad aprire.” E alzò le spalle entrando.
“Ci credo! Mi assordi con il campanello!” e sbatté la porta.
“A me non dà mica fastidio.” Fece completamente rilassato lui, togliendosi il giacchetto e buttandolo sulla spalliera del divano.
“A me sì! E anche il tuo giacchetto!” e la indicò con un dito smaltato di rosso acceso, per poi indirizzare il dito all’attaccapanni, completamente occupato solo dai giacchetti di Rachel.
Andrew biascicò un “che palle” e andò a metterlo sull’attaccapanni.
“Sta sicuro che lo troverò il modo di lasciarti fuori almeno per una notte intera, senza che tu debba torturare le mie potere orecchie e la mia testa!”
“Fammi un fischio quando l’hai trovato.” Rise Andrew, attraversando l’ampio ingresso, per poi fermarsi nel centro. “E quello?” e diresse lo sguardo verso un borsone nero ai piedi della porta dello studio.
“Deve essere il suo borsone…” pensò Rachel ad alta voce, avvicinandosi alla porta.
“
Suo?” alzò un sopracciglio Andrew, incrociando le braccia al petto.
“Sì, c’è un’ospite -” iniziò a spiegare Rachel, gesticolando come al suo solito.
“Come come come?” fece il fratello, fraintendendo. “Tu che mi fai tutte le volte due palle
così…” e mimò la grandezza –
l’esagerazione non è mai troppa! “… perché non devo portare ragazze in questa casa, proprio tu!, ne hai portato
uno qua dentro?” e schioccò la lingua. “Mi deludi, Rachel.” E soffiò una mezza risata.
La sorella, già abbastanza irritata per la serata vissuta, arrivò al limite. Prese un cuscino dal divano e lo tirò a Andrew, che ovviamente lo evitò ridendo.
“Prima che tu mi interrompessi…” disse, calcando parola per parola. “… stavo dicendo che stanotte è entrato un ladro in casa. Il ladro in questione è una ragazza che sta rinchiusa nella stanza degli ospiti di sopra…”
“Ci si è rinchiusa lei per scappare da te?” chiese scettico Andrew.
“Vaffanculo!” rispose Rachel, per niente intenzionata a reggere le battutine provocanti di suo fratello in un momento come quello. “Ce l’ho messa io!”
“Hai catturato un ladro?” si meravigliò, forse con troppo entusiasmo il moro, per niente convincente.
“Diciamo di sì…” tossì lei. “Comunque, ora chiamo Robert e chiedo che devo fare.”
Ma Andrew non la stava già più ascoltando. Si era avvicinato alla borsa e, dopo essersi seduto per terra, si era messo ad analizzarla. Poi la aprì e ne rovesciò rumorosamente il contenuto sul pavimento.
Quando Rachel si accorse degli occhi pericolosamente sgranati di suo fratello, si avvicinò a lui per capirne la causa.
Sul pavimento dell’ingresso, oltre ad un Andrew in coma, c’era il primo premio che vinsero agli MTV Movie Awards.
“Non mi dire…” riacquistò la parola Andrew. “… che questa ladruncola voleva rubare il nostro premio!” ringhiò.
“Bè, se era nella sua borsa non credo che lo volesse solo portare a spasso.” Rispose con una punta di sarcasmo, sapendo bene quanto suo fratello tenesse a quel loro primo premio.
“È morta.” Decretò lui, prendendo il premio, riportandolo nello studio e correndo a velocità impressionante verso la stanza della criminale.
“Ehi, Andy! Aspetta!” cercò di fermarlo invano. L’unica cosa da fare era raggiungerlo.
Già a metà scala, Rachel poté sentire i colpi di suo fratello sulla porta. “Apri!”
“Non voglio essere incriminata come complice di omicidio! Perché non mi lasci chiamare Bob e poi, con calma, ne parliamo?” disse la mora, una volta raggiunto Andrew.
“Apri questa porta. Ora!” Rachel, leggermente intimorita dalle parole del fratello, non se lo fece ripetere due volte, anche perché molto probabilmente la seconda non ci sarebbe nemmeno stata e Andrew avrebbe potuto iniziare a prendere la porta a spallate per buttarla giù.
Rachel inserì la chiave nella serratura, che scattò e la porta si aprì, rivelando una ragazza seduta educatamente su un lato del letto che osservava i due fratelli. “Voi il silenzio proprio non sapete dove sta di casa, eh?” commentò lei.
“Tu!” la indicò Andrew ruggendo.
“Io!” si indicò la ragazza con lo stesso tono incazzato del moro.
“E non farmi il verso!” sbottò stizzito.
“Mica ti faccio il verso!” replicò anche lei stizzita.
“Andrew, questa è alla tua altezza in quanto rompicoglioni…” constatò Rachel, portandosi un dito sotto il mento e spostando il suo peso sulla gamba sinistra.
Andrew sospirò, come se stesse cercando di riacquistare il controllo di se stesso. “Hai cercato di rubare in casa nostra!” la accusò, poi.
Lei assunse un’espressione pensierosa, aggrottò la fronte e con aria seria rispose. “Sì!”
“E lo confessi pure?” intervenne Rachel incredula.
“Posso negare?” alzò le spalle.
In effetti, non era possibile negare.
“Come hai fatto ad entrare in casa?” domandò Andrew, come se fosse sotto interrogatorio.
“Quando? La prima o la seconda volta?” chiese con tono innocente.
Il ragazzo ebbe la sensazione che la sua mandibola avesse toccato terra. “Cosa? Sei stata tu a rubare una settimana fa?”
Lei annuì.
Rachel sgranò gli occhi incredula.
Ok. I giornalisti volevano sapere come se lo sarebbe aspettato il volto del rapinatore? Bè, tutto il contrario di lei.
“Ad ogni modo, la prima volta ho trovato il cancello sul retro aperto e non c’era l’allarme. Oggi ho scavalcato il muro che circonda la casa e sono stata fortunata a non trovare di nuovo l’allarme.”
“Colpa dei giornalisti che avevano assediato il cancello principale! Poi, nella fretta, ci siamo dimenticati pure di inserire quel
coso.” farfugliò Andrew, riconoscendo che era colpa sia sua che di sua sorella se tutto questo era successo, ma cercando lo stesso di salvare la faccia a tutti e due.
“Andrew! È colpa tua!” capì al volo l’altra.
“Perché mia?” obbiettò stizzito il ragazzo.
“Chi è uscito per ultimo da dietro una settimana fa? Se non avessimo lasciato il cancello aperto non ci sarebbe stato nemmeno il secondo!” gli ricordò la mora, guardandolo con aria superiore.
“Primo: non c’è ancora stato il secondo furto. Secondo: ma chi se lo ricorda chi è uscito per ultimo! Ed anche se fosse colpa mia, sei tu che sei uscita senza dirmi niente! Terzo: la seconda volta, potevi inserire l’allarme!” si difese, per poi lanciarle un’occhiata inteneritrice.
“Ma ero in casa! Mica mi aspettavo certe visite!” ed indicò la ragazza, che assisteva alla scena del tutto falsamente coinvolta. “Vabbè, l’importante è che ti abbia preso…” sospirò Rachel, sempre rivolta a lei, contenta, in un certo senso, che la nottata fosse finita in quel modo.
“Ti correggo, mi sei caduto addosso…” puntualizzò la ladra.
“Comunque ora sei qui, quindi non importa più come ci sei arrivata.”
“E di certo non ci resterai per molto!” concluse Andrew.
“Ne puoi stare certo. Ti immagini vivere con due perfetti idioti?” lo sfidò la ragazza.
“Oh, tu! Chi ti credi di essere?” e Andrew le si avvicinò minacciosamente.
“Inge.” Rispose semplicemente.
“Come?” alzò un sopracciglio il moro.
“Chi mi credo di essere. Inge. È il mio nome.” Sorrise beffarda.
Il ragazzo iniziò a stuzzicarsi le labbra con la lingua. Le cause di quel gesto potevano essere due: o stava cercando di sedurla, o era al limite della pazienza. E visto che aveva pure stretto le mani a pugno e che dalle sue orecchie era quasi possibile veder fuoriuscire del fumo, il secondo era il motivo più evidente.
“Vado a chiamare Robert.” Annunciò Rachel, uscendo dalla stanza per tornare in camera sua a prendere il cellulare.
“Non sei granché come ladra.” Disse Andrew, allentando la tensione sulle proprie mani e incrociando le braccia al petto. Voleva riprendersi la rivincita. E quale sarebbe stata la mossa migliore, se non quella di farla sentire un’incapace?
“Ma so fare molte altre cose.” Gli sussurrò maliziosa, ribaltando i tentativi del ragazzo.
“Ah sì?” Andrew accettò la sfida, avvicinandosi maggiormente a lei.
“Vuoi vedere?” e si sporse leggermente dal letto verso il suo viso.
Poteva lui, Andrew Morgan, tirarsi indietro? No, mai. Doveva farle vedere chi comanda! E in quella casa, in quel momento e per
certe cose, il padrone indiscusso era proprio lui. E tra poco lei l’avrebbe capito.
Il ragazzo la guardò. Le sue labbra erano ancora piegate in quel sorrisetto malizioso e beffardo, così come i suoi occhi. Spostò il suo sguardo fugacemente anche al resto del corpo. Era discreta. Molto discreta.
Lei si inumidì le labbra con la lingua, provocandolo maggiormente.
Ingenua, pensò Andrew, avvicinandosi a lei e posandole una mano sotto il mento.
Credi forse che tu possa vincere questa sfida?Quando le loro labbra furono alla distanza di un soffio, lui chiuse gli occhi. Ma Inge si allontanò e con un’adeguata ed esperta preparazione, gli sputò sul viso.
Andrew rimase immobile per qualche secondo, senza aprire gli occhi. Lei non disse più niente, rimanendo ferma sul letto con un sorriso strafottente sulle labbra, mentre lui, cercando di respirare profondamente per non fare esaurire le ultime briciole della sua pazienza, con la mano si pulì l’occhio destro dalla saliva della ragazza, che aveva preso a scendere anche lungo la guancia.
Poi si rialzò in tutta la sua altezza. Sospirò un’ultima volta e aprì gli occhi.
“Rachel. O chiami Robert. O io la uccido.”
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Ed ecco che il vero capitolo è giunto al termine! xD
Piaciuto? A me tantissimo! Anche perchè sennò non l'avrei scritto!